S.E.
Mons. Claudio Maniago e la Delegazione di Castellaneta del
Santo Sepolcro di Gerusalemme incontrano il Patriarca Mons. Fouad
Twal e le Comunità arabo cristiane di Terra Santa.
Nei
drammatici giorni della Striscia di Gaza è giunto disperato fino a
noi il grido del popolo arabo cristiano di Palestina, che ha scosso
la nostra coscienza di appartenenti all’Ordine del Santo Sepolcro.
Non potevamo rimanere indifferenti dinanzi al grido di dolore di quel
popolo e di quella terra, che fu dei patriarchi e dei profeti, perchè
noi cristiani d’occidente abbiamo un impagabile debito di
gratitudine da oltre 2000 anni.
La
Delegazione del Santo Sepolcro di Castellaneta ha prontamente
risposto all’emergenza con un segno concreto di € 5.000,00
destinati alla Parrocchia di Gaza.
In
quei giorni è anche affiorata, tra qualche paura, l’idea di
incontrare le Comunità di Terra Santa per portare conforto ai
fratelli cristiani, bisognosi non solo di un aiuto economico, ma
ancor di più di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio,
di una parola amica. Così siamo partiti non per visitare i simboli
antichi della cristianità, ma per incontrare i simboli viventi di
quella stirpe prediletta dal Signore.
Sapevamo
già dai racconti di abuna Mario Cornioli, segretario del Patriarca
per l’Italia, che dopo quei tristi giorni le strade per i
Luoghi Santi erano deserte. Della testimonianza di abuna Mario
Cornioli ci siamo resi subito conto già all’inizio del nostro
viaggio quando saliti sull’aereo abbiamo visto moltissimi posti
vuoti e allo stesso modo in aeroporto a Tel Aviv non c’era la folla
dei precedenti pellegrinaggi.
Giunti
in prossimità di Betlemme siamo stati testimoni di due episodi che
sfuggono all’itinerario tradizionale del pellegrinaggio. Nonostante
il buio della sera la nostra attenzione è stata attirata da una
scena mortificante. Un gruppo di palestinesi, in fila indiana e con
passo lento e stanco, si muoveva lungo un sentiero sterrato oltre la
cortina di filo spinato per far ritorno a casa. Poco più tardi,
siamo arrivati a ridosso del checkpoint che consente l’accesso
delle auto a Betlemme, mentre i militari chiudevano il portone di
frontiera davanti ai nostri occhi. Istintivamente abuna Mario
Cornioli, alla guida del pulmino, ha accelerato nel tentativo di
attirare l’attenzione dei militari per entrare a Betlemme, ma
questi incuranti hanno continuato senza esitazione.
Giunti
finalmente a Betlemme ci attendevano momenti di tutt’altro respiro,
questa volta di natura balsamica per lo spirito. Dopo aver disfatto
le valige, abuna Mario Cornioli ci ha condotti alla Casa dei Bambini
Gesù, una casa di accoglienza per bambini disabili della
Cisgiordania con storie drammatiche alle spalle. Qui abbiamo
respirato aria di Vangelo, profumata dalla santità delle eroine dal
nome singolare (pensate una si chiama Gesù e un’altra Cristo),
suore argentine giovani e carine, due aggettivi che fanno capire la
grandezza della loro scelta di vivere il Vangelo nella terra del
Signore. Durante la nostra pur breve visita ci siamo trovati quasi in
un campo di battaglia tra gli schiamazzi e la vitalità difficilmente
gestibile dei bambini.
La
serata si è conclusa con la Celebrazione Eucaristica nella Cappella
delle suore e poi tutti a cena a Casa Nova dei francescani dove
abbiamo incontrato padre Ibrahim, il frate francescano noto alle
cronache di tutto il mondo per aver vissuto e partecipato alle dure
vicende del conflitto tra israeliani e palestinesi durante l’assedio
armato alla Basilica della Natività di Betlemme nel 2002.
Venerdì
mattina, dopo una lunga e rilassante passeggiata per le strade della
città vecchia di Betlemme e a diretto contatto con la gente del
luogo, ci siamo recati a Gerusalemme nel Patriarcato latino per
incontrare Beatitudine il Patriarca di Gerusalemme mons. Fouad
Twal.
L’incontro
si è svolto alle ore 12:00 nel salone patriarcale in un clima
particolarmente cordiale quasi fosse un incontro di famiglia. Nel
salutarci il Patriarca ci ha invitati a ritornare e a farci portavoce
di questo suo appello. Per questo ringraziamo il giornale che ci
ospita e che ci consente di estendere l’invito ai propri lettori.
Di
rientro in Palestina ci siamo trasferiti alle 15:30 nella campagna di
Beit Jala, un piccolo paese vicino Betlemme, dove, circondati dagli
ulivi e immersi in un mistico silenzio, S.E. il Vescovo Claudio
Maniago ha celebrato la Santa Messa alla presenza delle suore, dei
bambini della casa di accoglienza, di alcuni volontari italiani
dell’Unitalsi e di altri cristiani di Beit Jala accompagnati dal
parroco, un momento di preghiera che si ripete da anni per
scongiurare la minaccia del governo israeliano di costruire un altro
muro della vergogna.
Alle
17:30 tutti insieme, con la corona del rosario in mano, al Muro di
cemento proprio vicino al punto di confine per accedere a Gerusalemme
controllato dai soldati israeliani armati. Essere lì al buio sotto
il muro, guardati a vista dai militari, in quel punto critico che
divide le due città, in una situazione dove basta poco per una
reazione dei militari, metteva addosso un po’ di paura. Eravamo in
tutto una ventina, compreso un gruppo di stranieri, alcune suore
italiane e la signora Clemence, musulmana palestinese, che abita in
un casolare a pochi metri dal muro e a cui hanno lasciato pochi
alberi di ulivo, non più sufficienti per tirare avanti. A passo
lento abbiamo iniziato la recita del Santo Rosario lungo il muro. La
sfida pacifica e coraggiosa in difesa della pace e della
dignità del popolo palestinese si ripete tutti i venerdì dell’anno
alle 17:30 nello stesso luogo senza darsi appuntamento.
Il
sabato mattina, quando l’alba era ancora lontana, dopo essere stati
svegliati come ogni mattina dalla preghiera a tutto volume del
muezzin della moschea posta a ridosso dell’albergo, ci siamo recati
a piedi nella vicina Basilica della Natività per la Santa Messa
delle 5:00 nella grotta, un momento di privilegiata intimità pregna
di quella vibrante emozione vissuta dai pastori nella Notte Santa.
Il
resto della giornata è stato dedicato a Gerusalemme: il Getsemani,
il Santo Sepolcro, il Patriarcato Armeno dove abbiamo visitato tutto
il quartiere armeno, una cittadella nella città, la Chiesa di San
Marco del Patriarcato Siriaco, dove è avvenuta l’Ultima Cena
secondo la Chiesa Siriaca e dove abbiamo ascoltato il Padre Nostro
cantato in lingua aramaica, la lingua di Gesù.
La
domenica mattina, confortati da un sole splendente e caldo, ci siamo
avviati col nostro pulmino al seminario di Beit Jala, accolti
festosamente dal rettore e dai tanti seminaristi delle scuole
secondarie, superiori e di teologia.
Alle
10:00 S.E. mons. Claudio Maniago ha presieduto la Santa Messa nella
adiacente Parrocchia dell’Annunciazione, gremita all’inverosimile
di fedeli, che hanno partecipato alle preghiere e ai canti con
trasporto di fede e a pieni polmoni. È stato un giorno di vera festa
come da noi nel giorno del Santo Patrono. A fine messa, sul sagrato
della chiesa, abbiamo scambiato sguardi e sorrisi e anche
chiacchierato con alcuni palestinesi che conoscevano l’italiano.
Questo
è stato il senso della nostra visita: incontrare le Comunità
cristiane e condividere la gioia della fraternità. Non è molto, ma
a loro ha dato tanta gioia e tanto coraggio.
Ordine
Equestre Santo Sepolcro di Gerusalemme
Delegazione
di Castellaneta
dott.
grand’ufficiale Michele Recchia