Pressioni
e minacce di licenziamento ai dirigenti che non si dimostravano
propensi a favorire l’Ilva.
È
il nuovo terremoto giudiziario che questa mattina si è abbattuto
su Taranto e
ha travolto la politica locale.
All’alba
di oggi, infatti, la Guardia
di finanza ha
eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei
confronti del presidente della provincia Gianni
Florido,
dell’ex
assessore provinciale all’ambiente Michele
Conserva
e
dell’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva
Girolamo
Archinà,
già detenuto dal 26 novembre scorso.
Arresti domiciliari invece per l’ex direttore generale della
provincia di Taranto e attualmente in servizio nella provincia di
Lecce, Vincenzo
Specchia.
Le ipotesi di reato contestate dalla procura ionica nell’ambito
dell’inchiesta “Ambiente svenduto” vanno dalla concussione
per
induzione alla tentata concussione
per costrizione.
I
quattro, secondo le accuse, avrebbero esercitato direttamente o
indirettamente, pressioni sui dirigenti dell’amministrazione
provinciale perché si adeguassero ad “assumere un atteggiamento di
generale favore nei confronti dell’Ilva”. Nell’ordinanza
firmata dal gip Patrizia
Todisco,
gli investigatori documentano le pressioni nei confronti dell’ex
dirigente del settore ecologia Luigi
Romandini “colpevole”
di aver negato le autorizzazioni in materia ambientale allo
stabilimento
e finito così al centro di “pressioni reiterate nel tempo
accompagnate da minacce
di licenziamento,
dall’invito a presentare le dimissioni,
da minacce di trasferimento ad altro incarico” e infine anche di
“pretestuose riorganizzazioni dell’ufficio” che in realtà
avevano come unico scopo quello di “influire sui poteri del
dirigente”. L’obiettivo era di costringere Romandini a firmare “a
vista” tutte le richieste formulate dall’azienda anche facendo a
meno di “un esame approfondito delle pratiche”. In particolare il
presidente Florido e l’ex assessore Conserva avrebbero caldeggiato
la concessione dell’autorizzazione richiesta dall’Ilva per l’uso
della discarica
di
rifiuti speciali nella “Cava Mater Gratiae”. Un via libera che
avrebbe permesso all’azienda di smaltire i rifiuti
prodotti nel ciclo di lavorazione ottenendo così un significativo
vantaggio economico.
Una
discarica nella quale,
l’azienda stoccava anche sacche contenenti amianto
accanto
a scorie di lavorazione ancora fumanti.
Pressioni vane, però, perché Romandini non solo decise di non
firmare quelle autorizzazioni, ma dopo il suo trasferimento in un
altro ufficio dell’amministrazione denunciò tutto alle fiamme
gialle guidate dal maggiore Giuseppe
Dinoi.
Una rimozione che Girolamo Archinà commentò pochi giorni dopo
dicendo “abbiamo tolto una peste… e ne abbiamo tre di pesti”
perché anche il successore di Romandini, il dirigente Ignazio
Morrone,
si mostrò altrettanto riottoso nei confronti della grande industria.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Gianni Florido (presidente
della provincia al suo secondo mandato e presidente del Partito
democratico di Taranto) si interessa personalmente alle vicende che
riguardano l’Ilva. Parla al telefono direttamente anche con Fabio
Riva,
interviene su assessori e sull’operato dei dirigenti. “Circostanze
– scrive il gip Todisco – che confermano il sollecito, premuroso,
fattivo e perdurante interessamento del Florido in soccorso delle
esigenze di natura economica della proprietà dell’Ilva”.
FRANCESCO
CASULA
Fonte:
IL FATTO QUOTIDIANO.IT