Gli
inquirenti fanno luce su conti correnti e movimenti di denaro alla
Bcc di Alberobello e Sammichele, nel cui cda siede un'imprenditrice
legata professionalmente al prestanome del ricercato numero uno di
Cosa nostra. Indagano quattro procure, nel mirino anche esponente di
Confindustria.
C’è
un linea retta che da Alberobello,
la città dei trulli, in Puglia, conduce direttamente Castelvetrano,
in Sicilia. E’ da qui che il boss Matteo
Messina Denaro sarebbe
riuscito ad infiltrarsi direttamente dentro la Banca
di Credito Cooperativo di
Alberobello e Sammichele. Una storia complessa quella dei soldi di
Cosa
Nostra finiti
nella piccola banca di provincia pugliese, un puzzle intricato fatto
di conti correnti gonfiati, soci più o meno occulti, prestanome di
Cosa Nostra e imprenditori rispettati. Un intrigo che ha focalizzato
l’attenzione della Banca
d’Italia e
su cui oggi indagano quattro procure, quelle di Bari, Lecce, Trapani
e
Roma. Un caso potenzialmente esplosivo quello della Bcc di
Alberobello, sul quale gli inquirenti tengono le bocche cucite: segno
che le indagini conducono in alto.
Da
mesi nei movimenti interni alla banca della città dei trulli
qualcosa
non quadrava. Non tornavano soprattutto due cose: alcuni nomi ed
alcune cifre. Se ne erano accorte le procure di Bari e di Trapani, da
mesi impegnate in indagini congiunte, e se ne è accorta la Banca
d’Italia, che il 19 giugno ha chiesto – e ottenuto – al
Ministero dell’Economia il commissariamento della banca. Tra i
consiglieri d’amministrazione in carica prima di quella data c’era
infatti un nome che magistratipugliesi
e siciliani avevano cerchiato di rosso: quello di Maria
Grazia Susca.
Il file
rouge che
conduce l’ombra del boss di Castelvetrano fino al caveau della Bcc
di Alberobello sarebbe rappresentato proprio da questa signora
pugliese, che prima di entrare nella stanza dei bottoni della banca,
era titolare della Smg
costruzioni,
una società edile attiva soprattutto in Sicilia.
Che
ci faceva la signora Susca con un’azienda edile sull’isola? Se lo
sono chiesti i magistrati pugliesi nello stesso momento in cui i loro
colleghi siciliani prendevano carta e penna per tracciare una linea
retta tra la Smg, il nome della Susca, ed un altro nome, ben più
noto: quello di Vito Tarantolo,
imprenditore originario di Gibellina
con alle spalle un patteggiamento per favoreggiamento,
considerato dalle procure di Trapani e Palermo vicino a boss di Cosa
Nostra del calibro di Vincenzo
Virga e Matteo Messina Denaro. Tarantolo in Sicilia è un nome
noto: imprenditore con decine di appalti milionari vinti (dal sempre
incompiuto monumento Garibaldi
a Marsala fino ai lavori all’aeroporto di Palermo), è
finito nei guai quando gli investigatori hanno trovato il suo nome
annotato nei pizzini rinvenuti nell’ultimo covo del boss Salvatore
Lo Piccolo.
Da
lì sono partite le indagini che hanno portato al sequestro di beni
per 25 milioni di euro: secondo gli investigatori, Tarantolo era solo
un prestanome di Matteo
Messina Denaro, vero proprietario delle varie attività gestite
dall’imprenditore di Gibellina. Una della numerose aziende
controllate da Tarantolo era proprio la Smg, già della Susca, e poi
venduta a due uomini vicini all’imprenditore siciliano: Giuseppe
Ruggirello e Ferdinando
Sortino. Che ci fa una ex socia del prestanome di Messina
Denaro nel cda di una banca? Una connessione inquietante, dato che si
scopre anche come la Susca potesse fare operazioni sul conto corrente
aperto dalla sorella alla Bcc di Alberobello: un conto su cui
transitano più di due milioni
di euro.
Una
bella cifra visto e considerato che la sorella della Susca è una
semplice impiegata. Di chi sono allora quei soldi? E perché nessuno
alla Bcc segnala l’anomalia come previsto dalle norme
antiriciclaggio?
Mistero. Ed è proprio per risolvere l’enigma che i magistrati
trapanesi segnalano il caso della Bcc di Alberobello a Bankitalia,
che aveva già acceso i riflettori sull’istituto di credito
pugliese. Da lì – come racconta l’edizione pugliese di
Repubblica
–
arriva la richiesta di commissariamento dei vertici della banca. Ma i
colpi di scena a base di conti correnti gonfiati e nomi noti sono
soltanto all’inizio. Perché alla Bcc di Alberobello ha un conto
corrente aperto anche laAzzurra
Costruzioni,
società partecipata dalla stessa Susca, e da suo cognato, Cosimo
Damiano Romano.
Altro nome molto conosciuto, questa volta però al di là dello
Stretto, a Taranto,
dove Romano è uno degli astri nascenti di Confindustria.
Stimato e rispettato nell’ambiente imprenditoriale, Romano dovrà
spiegare perché sui conti della Azzurra costruzioni circolavano
somme molto superiori rispetto al fatturato registrato dall’Azienda
negli ultimi anni. Di chi sono quei soldi? E perché al centro di
questo intrigo fatto di conti correnti sospetti, società
riconducibili a prestanome di Cosa Nostra e a pezzi da novanta di
Confindustria, figura sempre lo stesso nome, quello di Maria Grazia
Susca? Sulla vicenda
tutti
i magistrati a capo delle procure impegnate nelle indagini si sono
stretti in un perentorio no comment: segno i caveaux
della
banca di provincia che piaceva tanto a Messina Denaro hanno ancora
parecchi misteri da svelare.
Fonte: ILFATTOQUOTIDIANO.IT
Fonte: ILFATTOQUOTIDIANO.IT