TARANTO
- Chiusa l'inchiesta «Ambiente Svenduto» sull'Ilva. Cinquantatrè
le persone indagate. Tra i nomi è spuntato anche quello di Nichi
Vendola, il presidente della Regione Puglia.
Secondo
la procura tarantina, il governatore avrebbe detto al direttore
dell'Arpa di adottare una linea morbida contro il siderurgico
tarantino. In particolare il leader di Sel è indagato per
concussione in concorso con Girolamo Archinà, ex dirigente dei
rapporti istituzionali dell'Ilva, Fabio Arturo Riva, ex presidente
del gruppo Riva, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento
tarantino e Francesco Perli, legale del gruppo, per aver fatto
pressioni sui vertici dell'Arpa, l'agenzia regionale per l'Ambiente,
al fine di «ammorbidire» la posizione dell'agenzia nei confronti
delle emissioni nocive prodotte dall'impianto siderurgico.
LA
VICENDA CHE RIGUARDA VENDOLA - In particolare, il direttore
dell'Arpa Giorgio Assennato ed i suoi funzionari Blonda e Giua -
ricostruiscono i pm - avevano proposto nel giugno 2010 di ridurre e
rimodulare il ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico in
virtù dei risultati preoccupanti dei campionamenti sulla qualità
dell'aria che avevano evidenziato valori elevati di benzoapirene. È
a questo punto, secondo i magistrati, che il presidente Vendola
avrebbe «consigliato» ad Assennato a modificare la posizione
sull'Ilva minacciandolo di non confermare il suo incarico alla
direzione dell'Arpa (in scandenza a febbraio 2011). Vendola lo
avrebbe quindi costretto ad ammorbidire la posizione dell'Arpa
permettendo così all'acciaieria tarantina di continuare a produrre
ai massimi livelli, come fino ad allora era avvenuto. In un incontro
del 22 giugno 2010 con gli assessori Fratoianni e Losappio, il capo
Gabinetto alla Regione Francesco Manna ed il dirigente Davide
Pellegrini il presidente Vendola, dopo aver fortemente criticato
l'operato dell'Arpa, avrebbe ribadito che in nessun caso l'attività
produttive dell'Ilva avrebbe dovuto subire ripercussioni. Quasi un
mese dopo, nel corso di una riunione con Emilio e Fabio Riva, il
direttore Capogrosso ed Archinà, Vendola avrebbe convocato Assennato
lasciandolo attendere fuori dalla stanza. In quell'occasione
Assennato sarebbe stato inoltre ammonito dal dirigente all'Ambiente
Antonello Antonicelli, su incarico di Vendola, a non utilizzare i
dati tecnici «come bombe carta che poi si trasformano in bombe a
mano».
GLI
ALTRI NOMI DELL'INCHIESTA - Nell'inchiesta risultano coinvolti
anche il sindaco Ippazio Stefàno, il parlamentare di Sel, Nicola
Fratoianni (all'epoca assessore regionale), l'attuale assessore
regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro, il consigliere regionale del
Pd Donato Pontassuglia. Gli altri avvisi di garanzia sono in corso di
notifica al patron Emilio Riva e ai suoi figli Nicola e Fabio. Sono
ancora coinvolti il consigliere regionale Donato Pentassuglia i
dirigenti della Regione Antonicelli, Manna, Pellegrino ed anche il
direttore dell'Arpa Giorgio Assennato, il direttore scientifico
dell'Arpa Massimo Blonda. Ecco la lista di tutti gli indagati: Emilio
Riva (1926), Nicola Riva (1958), Fabio Arturo Riva (1954); Luigi
Capogrosso (1955), Marco Andelmi (1971), Angelo Cavallo (1968), Ivan
Dimaggio (1969), Salvatore De Felice (1964), Salvatore D'Alò (1959),
Girolamo Archinà (1946), Francesco Pervi (1954), Bruno Ferrante
(1947), Adolfo Buffo (1956), Antonio Colucci (1959), Cosimo
Giovinazzi (1974), Giuseppe Dinoi (1984), Giovanni Raffaelli (1963),
Sergio Palmisano (1973), Vincenzo Dimastromatteo (1970), Lanfranco
Legnani (1939), Alfredo Cerinani (1944), Giovanni Rebaioli (1948),
Agostino Pastorino (1953), Enrico Bessone (1968), Giuseppe Casartelli
(1943), Cesare Cotti (1953), Giovanni Florido (1952), Michele
Conserva (1960), Vincenzo Specchia (1953), Lorenzo Liberti (1942),
Roberto Primerano (1974), Marco Gerardo (1975), Angelo Veste (1938),
Giovanni Bardaro (1962), Donato Perrini (1958), Cataldo De Michele
(1959), Nicola Vendola (1958), Ippazio Stefàno (1945), Donato
Pentassuglia (1967), Antonello Antonicelli (1974), Francesco Manna
(1974), Nicola Fratoianni (1972), davide filippo Pellegrino (1961),
Massimo Blonda (1957), Giorgio Assennato (1948), Lorenzo Nicastro
(1955), Luigi Pelaggi (1954), Dario Ticali (1975), caterina Vittoria
Romeo (1951), Pierfrancesco Palmisano (1953), Ilva spa (in persona
del commissario straordinario Enrico Bondi), Riva Fire spa (in
persona del consigliere delegato e legale rappresentante Angelo
Massimo Riva ), Riva Forni Elettrici spa (in persona del presidente
legale e rappresentante Cesare Federico Riva).
IL
RUOLO DELL'ASSESSORE NICASTRO - È indagato di favoreggiamento
personale perché scrivono i pm nelle carte: «quale assessore alla
qualità dell'Ambiente della Regione Puglia, al fine di assicurare a
Vendola l'impunità del reato aiutava quest'ultimo ad eludere le
investigazioni dell'autorità e, in particolare, sentito dalla
polizia giudiziaria quale persona informata sui fatti attestava
falsamente di "non avere memoria della presenza del prof.
Giorgio Assennato nella riunione del 15/07/2010" di non
ricordare la circostanza relativa alla convocazione di Assennato
presso l'ufficio di Presidenza».
GLI
AVVISI DI GARANZIA - Il provvedimento è stato firmato dal
procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, dal
procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori
Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele
Graziano. Quest'ultimo è titolare di due fascicoli d'inchiesta
relativi ad incidenti mortali verificatisi all'Ilva di Taranto,
fascicoli che sono stati inglobati nell'inchiesta-madre. I reati
contestati agli indagati vanno dall'associazione per delinquere
finalizzata al disastro ambientale all'avvelenamento di sostanze
alimentari, all'emissione di sostanze inquinanti con violazione delle
normative a tutela dell'ambiente..
L'INCHIESTA
- L'avviso di conclusione delle indagini preliminari consiste in una
quarantina di pagine con una fitta rete di capi d'imputazione. Per un
gruppo di indagati - si conferma in ambienti giudiziari - sarà
confermata l'accusa di aver costituito un'associazione per delinquere
finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze
alimentari e ad altri reati minori. Dall'inchiesta -madre resterà
fuori l'indagine riguardante le discariche di rifiuti dell'Ilva e
relative autorizzazioni, peraltro ora in fase di revisione sul piano
amministrativo. Prosegue intanto, sull'asse Taranto-Londra, la
battaglia giudiziaria da parte dei legali di Fabio Riva, vice
presidente di Riva Fire, in libertà vigilata nella capitale inglese
dal gennaio scorso dopo che era stata dichiarata la sua latitanza
perché non rintracciato sulla base di un mandato di arresto europeo.
Fonte:
corrieredelmezzogiorno.corriere.it