«Abbiamo
una grande responsabilità: informare i consumatori, spiegare loro la
bontà dei nostri prodotti. Solo così vinceremo lo strapotere sul
mercato dei grandi gruppi industriali».
Alfonso
Cavallo, presidente della Federazione Provinciale Coldiretti Taranto,
ha idealmente “arruolato” i giornalisti tarantini nella lotta a
sostegno del buon olio extravergine di oliva pugliese. L’occasione
è arrivata durante il corso di formazione destinato agli operatori
della stampa, tenuto alcuni giorni fa in Camera di Commercio,
intitolato “Geopolitica degli alimenti e sicurezza alimentare: olio
extra vergine di oliva, un prodotto identitario; esigenze legislative
e corretta informazione” e organizzato da Unaprol, la più grande
associazione nazionale di produttori del settore olivicolo.
L’eco
degli episodi di sofisticazione in provincia di Bari, ancora troppo
nitida per essere ignorata, ha spinto il presidente Cavallo durante
il suo indirizzo di saluto ai corsisti a tracciare un’approfondita
riflessione sul settore. «Quest’anno avremo un’ottima campagna
olivicola – ha spiegato – che dovrà purtroppo fare i conti con
questi problemi. Le frodi in commercio, infatti, sono in agguato e
basta leggere i dati di import ed export per capire che c’è
qualcosa che non funziona». L’Italia produce circa 600mila
tonnellate di olio, infatti, ma ne esporta 1,6 milioni: «Vuol dire
che importiamo olio dall’estero – ha spiegato Cavallo – per poi
rivenderlo come italiano».
In
termini assoluti, ove tale processo venga reso evidente, non vi è
nulla di male: il consumatore ha facoltà di scelta e sa cose mette
sulla sua tavola. I problemi sorgono con le frodi, con gli oli
miscelati, con le bottiglie vendute sugli scaffali a prezzi che non
rispecchiano in nessun modo i costi sostenuti per la produzione:
«Così danneggiamo i consumatori – ha aggiunto Cavallo – e
danneggiamo un settore delicato e importante, che da solo rappresenta
il 20% della produzione lorda vendibile, perdendo migliaia di posti
di lavoro. Se pensiamo che metà della produzione nazionale è
pugliese, poi, il danno è soprattutto nostro».
Il
tema più affascinante, però, è un altro; perché se la
contraffazione è un problema, esistono leggi che se applicate
consentono di arginarlo. La sfida vera è difendere il prodotto
locale, la sua territorialità, le sue peculiarità organolettiche.
Insomma,
fare ciò che si è fatto con il Primitivo: da vino da taglio a “re”
incontrastato dell’enologia internazionale. «Il nostro olio
extravergine deve replicare quel percorso – l’auspicio del
presidente provinciale Coldiretti – perché nel mondo ci rispettano
per quel che abbiamo fatto, per la scelta di investire sulla qualità
preservando il territorio. Puntiamo su questa peculiarità e lasciamo
al consumatore la facoltà di decidere se il nostro olio è buono o
no, ma che sia “nostro”».
Una
prospettiva tutt’altro che ristretta, ripensando alle violenze
subite dal territorio ionico. Le eccellenze enogastronomiche,
l’agricoltura di qualità, sono elementi anticiclici rispetto
all’uso indiscriminato della terra, all’inquinamento che la
morde: «L’agricoltura la preserva, invece – le parole di Cavallo
–, ed esprime possibilità prima inaspettate, ad esempio nel campo
del turismo. Diciamo sempre di dover parlare in termini positivi
della nostra provincia, per quanto possibile, ma senza agricoltura
non avremmo argomenti. Ecco perché gli agricoltori devono essere
messi nelle condizioni di lavorare, senza confondere questa necessità
con l’assistenzialismo: devono produrre per il territorio, non per
le multinazionali».
Pagare
un litro d’olio extravergine 6 o 7 euro, quindi, non è troppo: è
equo. «Il consumatore deve saperlo – ha concluso Cavallo –, e
può farlo grazie alla spinta del mondo dell’informazione. Possiamo
evitare le speculazioni, possiamo ad esempio far conoscere alla gente
l’esistenza delle nostre Dop (la Puglia ne possiede 5. N.d.A.). La
Coldiretti lo fa da anni, con i mercati di “Campagna Amica”, ma
non basta: serve una condivisione generale, che ci veda protagonisti
insieme».