MARTINA
FRANCA (TA). Fibrillazione atriale e terapia anticoagulante orale,
cardiopatia ischemica, sindrome coronarica acuta, scompenso cardiaco,
ecocardiografia clinica, emodinamica e cardiochirurgia.
Sono stati
questi alcuni degli argomenti trattati durante il 32^ Congresso
Regionale di cardiologia, tenutosi a Martina Franca, nei giorni
scorsi, presso il Park Hotel San Michele. Ad organizzarlo, l'Arca
Puglia, l'Associazione Cardiologi Ambulatoriali Puglia, registrando
un gran numero di partecipanti.
Si
è discusso dei vantaggi della doppia antiaggregazione piastrinica
dopo un’angioplastica coronarica e dell’applicazione di stent
medicato, delle terapie antiaggreganti nei pazienti da sottoporre ad
intervento chirurgico, ma anche del trattamento in soggetti ad alto
rischio cardiovascolare.
Passi
da gigante sono stati compiuti in materia di nuovi anticoagulanti
orali, così come spiegato da Umberto Rizzo, presidente Arca Puglia:
“La terapia anticoagulante orale rappresenta il cardine del
trattamento di pazienti con fibrillazione atriale cronica, avendo
un’efficacia ampiamente dimostrata nella prevenzione dell’ictus e
del tromboembolismo sistemico. Fino a qualche anno fa, si faceva
ricorso soprattutto al warfarin, con tutti i suoi limiti. I nuovi
anticoagulanti orali (Dabigatran, Apixaban, Rivaroxaban ed Edoxaban)
hanno un'efficacia ed una prevedibilità d'azione maggiori, con un
rischio emorragico di gran lunga ridotto”.
Anche
in materia di sindrome coronarica acuta (Sca) “con un’incidenza,
nel mondo, di 3 persone su 1.000 abitanti - come illustrato dal
vicepresidente Arca, Angelo Aloisio - esiste tutta una serie di
farmaci che consente di affrontare il problema in fase iper acuta e
di risolvere in maniera esaustiva la prognosi del paziente a lungo
termine. Nei pazienti affetti da Sca, la duplice terapia
antiaggregante è raccomandata. Importanti sono la diagnosi precoce e
la stratificazione del rischio, a cui viene riservata particolare
attenzione anche dalle nuove Linee Guida 2015”.
Tuttavia,
rimane ancora alta l’incidenza di eventi cardiovascolari e la
mortalità a trenta giorni, a sei mesi e ad un anno dopo una sindrome
coronarica acuta, anche per un’inadeguata presa in carico e per una
insufficiente continuità assistenziale dei pazienti ischemici dopo
l’evento acuto.
“Per
il paziente post Sca, dopo la dimissione ospedaliera, infatti - come
evidenziato da Ettore Antoncecchi, past president Arca - è
essenziale che ci sia una corretta integrazione tra ospedale e
territorio. Consente una migliore gestione del paziente ed un suo
follow up più rigoroso, una riduzione di esami inutili, una maggiore
prevenzione delle riacutizzazioni ed un miglioramento dei risultati”.
Ed,
invece, dopo l’evento acuto, si assiste ad un scarsa aderenza del
paziente alla terapia, spesso dovuta alla mancanza di una chiara
lettera di dimissioni con precise indicazioni sulla terapia, da far
arrivare al medico di cura. Senza, poi, parlare della mancanza di un
preciso piano di follow up con verifica della terapia, della mancanza
di uniformità di atteggiamenti tra i diversi medici e delle
difficoltà di accesso ai controlli.
Ecco
l’importanza di una rete. Un esempio positivo è stato realizzato
nell’Asl di Bari, col progetto “Ponte”, che migliore
l’assistenza per i pazienti colpiti da infarto anche dopo la
dimissione ospedaliera.
Tra
le novità di questa 32ma edizione del Congresso Regionale
Cardiologi, anche una sezione riservata a quella che è la
responsabilità civile e penale del cardiologo, sui cui ha
sapientemente relazionato l’avvocato Ascanio Amenduni.