TARANTO
- Erano incappucciati i killer che hanno seminato morte e terrore
alle porte di Palagiano. Lunedì sera quel commando ha assassinato
brutalmente Cosimo Orlando, palagianese di 43 anni,
la sua compagna Carla Maria Fornari, di trentuno anni, e il suo figlioletto Domenico, di tre anni.
la sua compagna Carla Maria Fornari, di trentuno anni, e il suo figlioletto Domenico, di tre anni.
I
sicari avevano il volto coperto quando
hanno sparato contro l’auto delle vittime, scatenando una pioggia
di fuoco impressionante. Una tempesta di piombo alla quale sono
miracolosamente sfuggiti i fratelli del piccolo Domenico, di sei e
sette anni, che erano rannicchiati sul sedile posteriore.
Probabilmente i sicari erano in due e sulla faccia avevano il
passamontagna. È questo uno dei particolari messi a fuoco dalle
indagini condotte a tamburo battente sul terrificante triplice
omicidio. E non è l’unico.
Perché in queste ore la
macchina investigativa ha raccolto elementi in grado di gettare
squarci di luce su un quadro apparso all’inizio nebuloso. Con
grande pazienza i carabinieri di Taranto e del Ros stanno visionando
le immagini registrate da numerose telecamere. E alcune di quelle
sequenze sembrano aver messo gli investigatori sulle tracce di una
vettura sospetta. Forse quella utilizzata dagli assassini per
pedinare la Chevrolet rossa sulla quale viaggiavano i bersagli di una
spietata missione di morte.
Le
riprese risalgono a pochi minuti prima della carneficina. Un
dettaglio ha consentito agli investigatori di selezionare quel video
tra i tantissimi acquisiti lungo i probabili percorsi coperti dagli
assassini sia per tallonare l’utilitaria di Carla Fornari, sia per
fuggire dopo la selvaggia esecuzione. Aggiungono poco, invece, le
sequenze immortalate dagli obiettivi della videosorveglianza di un
deposito di carburanti, il cui ingresso è a pochi metri dal luogo
dell’eccidio. Il cancello vigilato dalle telecamere è sulla
complanare che scorre parallela al tratto della statale 106 dir,
teatro della strage. Il filmato consegna alcuni lampi nel buio. Sono
le fiammate dei colpi con i quali sono state giustiziate le vittime.
Ma anche quel tassello è stato aggiunto ad un puzzle che si sta
cercando di ricomporre. Su quegli elementi gli inquirenti, una task
force di quaranta persone coordinata dalla procura di Taranto e dalla
Dda di Lecce, stanno lavorando con grandissima attenzione, spinti
dalla determinazione, quasi feroce, di rispondere immediatamente alla
violenza di una mala senza scrupoli.
Ferocia
positiva da
opporre a quella bestiale di chi non ha esitato a sparare su una
macchina con tre bambini a bordo, spezzando anche la vita di un
piccolo di meno di tre anni. Le quarantotto ore successive alla
strage sembrano aver cementato la pista che indica Cosimo Orlando
come il principale obiettivo dei sicari. L’uomo da novembre era in
semilibertà. E all’esterno del carcere pare avesse ripreso i suoi
movimenti nello scivoloso e pericoloso mondo dei trafficanti di
droga. Un business sempre vivo nel versante occidentale della
provincia jonica. Già in passato nel triangolo tra Castellaneta,
Palagiano e Massafra quel redditizio affare ha scatenato violente
rivalità tra clan, sfociate nel sangue. Proprio Orlando era stato
condannato all’ergastolo, pena poi ridotta in appello a 25 anni di
reclusione, per un regolamento di conti a colpi di pistola che lasciò
sul terreno due cadaveri. Sempre per droga.
Ora gli investigatori
hanno messo a fuoco informazioni e rapporti che indicano il 43enne
come un ambizioso, con il desiderio di farsi largo in una galassia in
cui la vita può valere meno di niente. Le sue manovre possono aver
indispettivo i signori della droga. Vecchi e nuovi. Al punto di
ordinare l’eliminazione di quell’uomo per tagliare corto anche
con le sue aspirazioni.
Un movente che sembra spiegare fino ad un
certo punto la selvaggia esecuzione. E soprattutto l’omicidio del
piccolo Domenico. Così resta probabile che il bambino abbia pagato
con la vita il fatto di trovarsi nelle parte anteriore della
macchina, vicino alla mamma, proprio sulle ginocchia del bersaglio
principale di quell’incursione. Una lettura della mattanza che, al
momento, non ha cancellato definitivamente la pista della vendetta
contro la donna. Carla aveva testimoniato al processo per l’omicidio
del marito Domenico Petruzzelli. Da quel matrimonio erano nati i suoi
tre figli. Nel 2011 Petruzzelli cadde in un agguato di mala, sempre
per motivi di droga, insieme al suo capo Domenico Attore. Per quella
trappola mortale tre persone stanno scontando l’ergastolo.
La
pista resta in piedi ed
è lontana dall’essere scartata. Nel quadro complesso delle
indagini si incastrano anche le numerose perquisizioni messe a segno
la notte scorsa. Alcuni pregiudicati sono stati condotti in caserma
per essere interrogati. Gli esperti della balistica hanno lavorato a
lungo sulla Chevrolet bucata dalle pallottole. Lo studio delle
traiettorie dovrebbe rivelare se è stata utilizzata più di una
pistola. Gli uomini del Ros, inoltre, stanno monitorando i passaggi
sulle celle telefoniche della zona in concomitanza con l’azione del
gruppo di fuoco. Anche quella rete di contatti potrebbe consegnare
tracce preziose.
Fonte: www.quotidianodipuglia.it