La
mia avventura in Guatemala come volontario dell’Associazione “Sulla
strada” è stata davvero un’esperienza fantastica dal punto di
vista educativo e formativo e che credo sia impossibile dimenticare.
La missione è stata prevalentemente di carattere sanitario e quindi
con un numero maggiore di personale medico rispetto a quello di
supporto.
Il progetto che l’associazione ha avviato ormai da tanti
anni è un progetto a lungo termine che sta facendo la differenza per
molte persone, non solo dal punto di vista sanitario ma anche dal
punto di vista lavorativo e formativo. Oltre al progetto sanitario,
l’associazione porta avanti anche un “progetto scuola” e un
“progetto agricolo”. È stata fondata, infatti, una scuola
frequentata ormai da più di 200 bambini e si è riusciti a dare un
lavoro, appunto nel settore agricolo, a tutte quelle famiglie che
sfortunatamente erano costrette in passato a lavorare nel
confezionamento dei fuochi d’artificio. Contemporaneamente si è
riusciti a sottrarre i bambini allo sfruttamento minorile e a
mandarli a scuola. Uno dei principali scopi dell’associazione Sulla
Strada è proprio quello di rendere autonoma la popolazione dei
villaggi guatemaltechi, affinché possa soddisfare le proprie
esigenze e non dipendere dallo sfruttamento di altri. Poiché non
sono un medico, mi limiterò a raccontare della mia esperienza e del
contatto diretto con questo popolo dalle antiche origini e costumi.
Scrivere in poche righe del grande bagaglio di emozioni che
quest’esperienza mi ha regalato mi risulta davvero difficile. Le
cose che mi hanno maggiormente colpito sono state l’umiltà con il
quale le persone hanno accettato l’aiuto che gli abbiamo offerto e
il calore e la gentilezza con il quale ci hanno accolto. E’
impossibile descrivere l’insieme di emozioni che si prova quando un
gran numero di bambini ti corrono incontro e ti abbracciano senza
nemmeno conoscerti e ogni volta che la situazione si ripeteva era
come provare nello stesso momento felicità, tristezza, compassione e
amore. Vedevo in loro la felicità di incontrarci e giocare con noi e
nello stesso tempo leggevo nei loro occhi la tristezza di chi non ha
niente, bambini abbandonati a se stessi, ai quali mancavano acqua e
cibo e ai quali veniva negato addirittura l’amore dei propri
genitori. Ma la cosa che mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta
è stata la forza di chi, pur non avendo niente, continua a sperare.
La stessa forza e la stessa speranza che permette loro di andare
avanti e di credere che prima o poi qualcosa cambierà. È
incredibile la gratitudine con il quale ci hanno salutato dopo cinque
settimane passate insieme e difficile è stato dir loro arrivederci.
Un arrivederci a presto, perché tra i miei progetti futuri c’è
sicuramente quello di ritornare per continuare un progetto
importante. Non posso non dire grazie a loro per tutto quello che mi
hanno lasciato, per il ricordo senza dubbio positivo che mi rimarrà
per sempre e per quanto l’esperienza insieme a loro mi abbia
formato come persona. Si parte con la convinzione di fare del bene ad
altri ma si ritorna con la consapevolezza di aver fatto del bene
maggiormente a se stessi. Alla fine, riceviamo più di ciò che
doniamo.
Fonte: www.liberamottola.it