Dopo due anni di pausa, a Palagiano si è tornati, nuovamente, ad organizzare la sagra del mandarino.
Un’edizione, la 26°, quasi
sperimentale, organizzata in maniera contenuta, con un nuovo logo e
con la voglia, da parte della Pro Loco, di riportare in auge, sia
pure a piccoli passi, un evento in grado di riaccendere i riflettori
sulla clementina, fiore all’occhiello della conca d’oro.
A
dare inizio alla sagra, sabato mattina, un convegno, sul tema:
“Agrumicoltura ionica e il suo futuro”.
Prima,
per l’Amministrazione Comunale, che ha sostenuto l’iniziativa,
gli interventi del sindaco Antonio Tarasco e dell’assessore alle
Politiche Agricole Vincenzo Nardelli, a sottolineare come “quello
degli agrumi può e deve costituire un settore produttivo trainante
per l’economia locale, il valore aggiunto, in grado di assicurare
un marchio identificativo al territorio”.
Indispensabile
è essere competitivi, puntando sulla qualità, sull’innovazione e
sulla cooperazione. “Ma occorre anche saper vender il prodotto ed
investire - come spiegato da Carmelo Mennone, responsabile del Centro
Sperimentale di Agrumicoltura di Pantanello - nel consumo del fresco,
più che nell’industria di trasformazione: è il più remunerativo
ed, assorbendo il 55% del prodotto, consente di fare reddito”.
Mennone
ha analizzato quelli che sono i principali competitor dell’Italia
nella produzione di agrumi: nel Mediterraneo, la Spagna e l’Egitto.
Come superficie utilizzata nella coltivazione di agrumi, l’Italia è
solo al 4° posto e scende al 5° per la produzione.
In
evidenza, anche alcune defaillance del sistema produttivo: l’Italia
importa agrumi da stati, che, paradossalmente, non ne producono;
quasi il 4% di prodotto, infatti, arriva dai Paesi Bassi. Uno sguardo
anche alle diverse varietà di agrumi, dalle precoci alle tardive,
dalle ibride a quelle irradiate, sino all’ultima trovata, la M7
Novel a maturazione precoce. “Ma, spezzando un’arancia a favore
della clementina pura - ha detto ironicamente Mennone - le sue
qualità organolettiche sono impareggiabili”.
La
presenza di Gianluca Buemi, presidente dell’Ordine degli Agronomi
della Provincia di Taranto, è servita a spiegare quanto importante
sia la figura dell’agronomo, “vero progettista del cibo, che
accompagna il produttore dalla pianta alla tavola”. Assicura,
infatti, l’ottimizzazione dei processi produttivi lungo tutta la
filiera agroalimentare, difendendo i principi di un’alimentazione
sana e nutriente, in grado di garantire la salubrità delle
produzioni e la salute del consumatore.
Lo
stesso Buemi ha anche analizzato i punti di debolezza della filiera:
polverizzazione del tessuto produttivo; inadeguate strategie di
commercializzazione e valorizzazione del prodotto sui mercati esteri
in un contesto internazionale fortemente competitivo; l’eccesso di
offerta ed elevata volatilità dei prezzi; insufficiente aggregazione
dell’offerta e, quindi, estrema vulnerabilità del sistema.
La
soluzione prospettata? Fare gruppo, anche perché il nuovo Piano di
Sviluppo Rurale 2014 – 2020 privilegia, per l’assegnazione delle
premialità, le forme associate e, soprattutto, i giovani.
All’agronomo Domenico D’Auria, infine, il compito di parlare di
agricoltura biologica. Ha, così, preso in esame, gli aspetti
legislativi necessari a diversificare la produzione verso il
biologico; l’etichetta, che serve per riconoscere un prodotto
biologico; il ruolo del produttore nella filiera biologica; i
vantaggi, ma anche i limiti, sia pure risolvibili, delle
coltivazioni, che utilizzano prodotti di natura organica e, quindi,
non sintetizzati chimicamente.
Riprese video del convegno ed interviste disponibili sul sito www.omeganews.it