Un
titolo dal significato polivalente tratto dalle intercettazioni
telefoniche sui Riva, “Venditori di fumo”, e un sottotitolo che
precisa la volontà di trattare dell’Ilva e di Taranto e non
semplicemente dell’Ilva di Taranto:
questo è il libro presentato
il 30 sera nella Sala Convegni di Mottola dal giornalista, di origine
tarantina ora residente a Milano, Giuliano Pavone che ha risposto con
estrema chiarezza e semplicità, ma con ricchezza di dettagli, alle
domande poste da Maria Giovanna Caragnano dell’associazione
organizzatrice dell’incontro “LibriAMOci”.
Il
libro, come precisato dall’autore, è un saggio su una città
‘invisibile’, per certi versi, e diversa da tutto il resto: è
l’unica città con due centri distinti, il vecchio e il nuovo, e
separati da un ponte non levatoio ma girevole e è una città che ha
conosciuto uno sviluppo veloce, velocissimo. Una città che a Milano
può capitare collochino in Abruzzo o in Sicilia, perché confusa con
Teramo o Trapani, anche perché la Puglia troppo spesso
nell’immaginario collettivo è “un enorme Salento che, però,
parla barese, perché fa più ridere.”
Tutto
questo ha avuto e ha delle ripercussioni anche sulla popolazione
tarantina che ha dimostrato scarso senso civico e di appartenenza. Ha
dimostrato, al passato, perché come sappiamo dal luglio 2012 le cose
sono cambiate e, come detto in un intervento a fine presentazione,
Taranto si è destata e è stata una città che addirittura ha visto
gli operai manifestare per difendere il proprio lavoro e le loro
mogli dall’altra parte con i piccoli in braccio chiedere la
chiusura dell’Ilva.
Certo
“sia se l’Ilva chiude sia se non chiude, all’alternativa
bisogna pensare comunque” ha detto Pavone aggiungendo un
immancabile riferimento ai provvedimenti legislativi dell’attuale
governo che, comunque, già nel riferirsi all’arsenale come a
archeologia industriale sta dimostrando di usare “parole nuove”.
E, in verità, le nostre speranze sono da riporsi più nell’Europa
con le sue sanzioni e molto meno nell’AIA “che è una non AIA in
quanto parla soltanto di aria e non anche di acqua e di terreno” ha
sottolineato il giovane autore.
La
situazione è, però, grave come è gravissimo che dalla fine degli
anni ’80 se ne sia parlato e che dai governi che si sono alternati
ai sindacati ci sia stato non soltanto il non controllare la
situazione ma addirittura il sostenerla per i propri interessi che si
andavano a intrecciare forti con una ‘cultura’ tutta tarantina di
accettazione (quanti e quante di noi sono nati e l’Italsider era
già lì come un tutt’uno con il paesaggio! Un mio amico la
chiamava “la fabbrica delle nuvole”! ndr) e di mancanza di
spirito d’iniziativa.
La
serata gelidissima è stata molto partecipata e riscaldata dalle
letture, accompagnate dal musicista Donato Rogante, del giovanissimo
attore originario di Palagianello, Filippo Lilli, ora residente e
impegnato in teatro a Roma, e significativo è stato il ricordo di
Fiorella Mannoia che dal palco del suo concerto dice ai tarantini
“State uniti!”
A
fine incontro, presentato da Carmela Mazzone e voluto fortemente
anche dal CEA (Centro di Educazione Ambientale), l’autore Giuliano
Pavone si è intrattenuto generosamente nel condividere opinioni e
esperienze personali e inevitabile è stato il riferimento a coloro,
come la dott. Daniela Spera e l’ex allevatore, ora coltivatore di
canapa, Vincenzo Fornaro, che stanno conducendo, e con vigorosa
determinazione, in prima persona la battaglia per i diritti civili e
umani della provincia tarantina e dell’Italia, nella tutela di
quell’unica ricchezza di tutti e tutte che è l’ambiente.
Virginia
Mariani