Cia
Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura e
Copagri mettono in risalto i dati del Rapporto Taranto 2015.
L'agroalimentare
miglior settore in Puglia: nel 2013 il maxi-rimbalzo del valore
aggiunto (+18,9). Sta di fatto che quando si dice Taranto, di solito
si pensa all’acciaio. E invece c’è un’altra Taranto: che non è
grigio-piombo ma verde-vivo. Una specie di “cromoterapia”
applicata ad un’economia malata.
L’agricoltura
tarantina - meglio ancora il settore agroalimentare - è cioè il
simbolo plastico di un’economia non più prigioniera della
monocultura del ferro e che ha saputo, in quest’ultimo lustro,
rialzarsi e inanellare risultati molto positivi. Nonostante la crisi;
anzi, in direzione ostinata e contraria rispetto alla crisi.
Ricostruendo un tessuto economico dinamico e propulsivo, capace di
coniugare il verbo “crescere” al presente e, soprattutto, al
futuro.
Qui, ora, a Taranto, Cia Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri rappresentano un’economia che, appunto, è tornata a crescere e vuole essere al centro delle dinamiche decisionali, nelle stanze del policy making.
Qui, ora, a Taranto, Cia Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri rappresentano un’economia che, appunto, è tornata a crescere e vuole essere al centro delle dinamiche decisionali, nelle stanze del policy making.
L’agricoltura
ha tirato su numeri importanti, vediamoli nel dettaglio.
Nel
2013, il settore primario tarantino ha contribuito alla formazione
del valore aggiunto provinciale con 565,2 milioni di euro, segnando
una variazione positiva – l’unica a livello provinciale – del
+18,9% rispetto al 2012, crescita superiore sia alla media regionale
(+17,8%) che a quella nazionale (+5,6%). Un rimbalzo che è valso
all’agricoltura ionica la palma di miglior settore economico di
Puglia e che arriva dopo anni di flessione del prodotto e di
ristrutturazione generale del settore. Si tratta, in ogni caso, di un
settore cruciale considerando che esso incide sul totale della
ricchezza prodotta in provincia per il 6,4%, a fronte di una media
nazionale e regionale pari rispettivamente al 2,3% ed al 4,8%.
Nella provincia che perde posti di lavoro con impressionante velocità (meno 10.400 unità nel 2014, con un tasso di disoccupazione schizzato dal 15,5% al 18,5%), il contributo del comparto agroalimentare all’occupazione provinciale risulta maggiore rispetto a quanto osservato in Puglia (+ 1,5%) e in Italia (+8,2%).
Nella provincia che perde posti di lavoro con impressionante velocità (meno 10.400 unità nel 2014, con un tasso di disoccupazione schizzato dal 15,5% al 18,5%), il contributo del comparto agroalimentare all’occupazione provinciale risulta maggiore rispetto a quanto osservato in Puglia (+ 1,5%) e in Italia (+8,2%).
Nell’industria
agroalimentare tarantina si concentrano 16.629 addetti a fine 2014,
ovvero il 16% della base lavorativa delle imprese (Italia 7,8%); in
tale scenario, l’industria alimentare rivela un sostanziale
allineamento con la media nazionale (Taranto 2,3%; Italia 2,6%),
mentre il settore agricolo, con oltre 14.200 addetti, si distingue
per una forza lavoro consistente (Taranto 13,8%; Italia 5,2%)
L’agricoltura della provincia di Taranto è uno dei settori che, a
livello provinciale, assorbe maggiormente manodopera, circa 30.000
lavoratori, con oltre 4.000.000 di giornate movimentate, la cui gran
parte si sviluppa nella zona occidentale della nostra provincia ove è
presente in maniera preponderante un’agricoltura intensiva.
Il
forte impiego di manodopera sta ad indicare come il settore possa
essere considerato come una ramo di potenzialità occupazionali
ancora da esplorare approfonditamente, soprattutto nel quadro di una
integrazione tra attività economiche in grado di contribuire
all’affermazione di un modello di sviluppo a minor impatto
ambientale ed elevata ricaduta economica. Di più: un modello “green”
che mette sullo stesso piano la salubrità dei prodotti e la salute
dei consumatori.
Il
dato delle aziende agricole iscritte nel REA (repertorio economico
amministrativo) della Camera di Commercio di Taranto al 31 dicembre
2014 è di 10.779 (il 26,1% del totale) a fronte di 41.043
iscritti complessivi. Se ad esse si sommano le imprese impegnate
nell’industria alimentare il dato, a fine 2014, sale a 11.355,
ovvero la filiera agroalimentare “pesa” per il 27,7% del totale
(Italia 15,9%). Il dato generale comprende anche 74 imprese che
operano nella pesca e nella silvicoltura. La distribuzione settoriale
di queste imprese indica anche le principali specializzazioni
produttive, tra cui si sottolinea la coltivazione di uva (27,5% del
totale agroalimentare), le colture permanenti (23,6%), la
coltivazione di frutti oleosi (10,2%), la coltivazione di agrumi
(9,2%), nonché le coltivazioni associate all’allevamento degli
animali (7,1%).
Da
segnalare che, complessivamente, le imprese femminili iscritte alla
Camera di Commercio di Taranto al 31/12/2014 sono 10.734 di cui 3.316
nel settore agricolo.
Nel
paniere agroalimentare tarantino sta crescendo l’incidenza delle
produzioni identitarie, fatte di marchi e denominazioni d’origine,
al fianco di quelle ad alta specializzazione che caratterizzano
alcune zone della provincia. Su tutte si distinguono le produzioni di
uva da tavola e da vino, che nel 2014 si attestano a 4.242.500
quintali, pari al 19,4% del totale regionale; l’uva da tavola, in
particolare, con 2,4 milioni di quintali rappresenta circa il 40% del
prodotto regionale e oltre il 20 di quello nazionale, nonostante
un’annata in flessione. A seguire gli agrumi con 2.297.000
quintali, pari all’89,4% del totale regionale, con la clementina
che, da sola, vale il 96% del prodotto pugliese e oltre un quarto di
quello italiano; poi i cereali con 370.500 quintali, pari al 3% del
totale regionale e il pomodoro con 220.500 quintali, l’1.7% del
totale regionale.
Ragionando
in termini di valore delle produzioni agricole e zootecniche, va
evidenziato che i comparti di maggior rilievo per il sistema
produttivo della provincia sono: le vitivinicole, con oltre 189
milioni di euro nel 2013 (Taranto 26,1% del totale produzione
agricola; Italia 8,3%); le patate e gli ortaggi, con 137,3 milioni
(Taranto 19,5%; Italia 14,5%); la frutta e gli agrumi, oltre 69
milioni (Taranto 9,8%; Italia 8,5%); le olivicole, con oltre 42
milioni (Taranto 6%; Italia 3,3%); il latte (59 milioni) ed i
prodotti zootecnici, pari a circa 38 milioni (complessivamente
Taranto 7,3%; Italia 10%).
Infine,
per quanto concerne le esportazioni si è invece assistito ad un
importante incremento nel 2012 (+19,8%), controbilanciato da
performance negative nel 2013 (-19,7%) e 2014 (-3,5%), anche in
considerazione della circostanza che la maggior parte del prodotto
della provincia di Taranto viene commercializzato con marchi
commerciali della provincia di Bari e della Campania con un
significativo effetto distorsivo del dato reale. Un terreno
apparentemente vergine sul quale Cia, Coldiretti, Confagricoltura e
Copagri sono pronte a cogliere, e a vincere, una nuova sfida per
l’agricoltura ionica e per l'economia provinciale. Ancora una volta
saranno i numeri, con la loro indiscutibile forza, a dire l'ultima
parola.
“Vorrei
mettere in risalto che l’agricoltura jonica ha avuto la
straordinaria capacità di cogliere le nuove opportunità offerte dal
mercato, innovando gli impianti con nuove varietà di uva, di agrumi,
frutta, ortaggi e cereali – ha detto Francesco Passeri, presidente
Cia Taranto – È in fase avanzata l’utilizzo dei nuovi strumenti
legati al commercio elettronico, con la vendita diretta tramite
internet delle proprie produzioni. Le imprese agricole si sono anche
inserite nel campo della multifunzionalità con B&B (bed e
breakfast), recuperando il patrimonio di masserie esistenti sul
territorio e si sono candidate a gestire i beni archeologici presenti
nelle aziende. L’agricoltura della provincia di Taranto, i dati e
le prospettive dimostrano la vitalità di un settore, che in
controtendenza rispetto ad altri guadagna importanti fette di
mercato, per questo è necessario tenere nella giusta considerazione
il settore che non può subire le decisioni che vengono assunte da
altri”.
“Rappresentiamo
un’economia che, appunto, è tornata a crescere e vuole essere al
centro delle dinamiche decisionali – ha evidenziato Alfonso
Cavallo, presidente di Coldiretti Taranto - Dopo essersi
guadagnata i galloni sul campo dell'economia reale. Un mondo,
insomma, che vuole finalmente contare, perchè Taranto ha bisogno di
nuovi protagonisti e di innovativi modelli economici - veri motori
del cambiamento - in grado di tirarla fuori dalla terribile crisi in
cui è precipitata. Un’oasi felice, questa è oggi l'agricoltura
tarantina, in un panorama di profonda recessione: nel 2014, secondo
il recentissimo Rapporto Taranto, «la provincia di Taranto è
risultata la peggiore area in Italia per andamento del valore
aggiunto prodotto a prezzi correnti con una flessione, rispetto al
2013, del -3,2%, a fronte di una media nazionale che ha fatto
registrare un primo timido segnale di ripresa (+0,2%)».
L’agricoltura, invece, ha fatto da sé e ha tirato su numeri
importanti sia sotto il profilo dell’occupazione, che sotto il
profilo della produzione qualitativa che quantitativa, esprimendo
eccellenze che ormai varcano i confini a testa alta, vedi il Vino
Primitivo”.
“Le
aziende agricole hanno fatto tesoro dei disastri prodotti dalla
crisi. Hanno fatto, cioè, quanto consigliavano i nostri padri:
imparare dai propri errori. O per dirla con Cicerone: historia
magistra vitae – ha sottolineato Luca Lazzàro, presidnete di
Confagricoltura Taranto – Dunque, l’agricoltura è tornata a
crescere perché dopo grandi difficoltà ha saputo cambiare registro,
rinnovare la propria classe dirigente, innovare i processi produttivi
e puntare su nuovi prodotti. Ma anche spingere sulla specializzazione
delle produzioni, che è diventata il segno distintivo
dell’agricoltura ionica assieme ai marchi identitari. Il settore
primario è stato capace di uscire dal tunnel con le proprie forze,
con energie fresche e spirito imprenditoriale. Senza piangersi
addosso e senza cercare il “doping” delle leggi statali che non
hanno reindustrializzato un bel nulla. Oggi cresciamo e vogliamo
contare perché per anni abbiamo proposto l’uva al posto
dell’acciaio e sembravamo dei matti, mentre ora i numeri ci danno
ragione. Il nostro modello di sviluppo alternativo e sostenibile fa
bene all’ambiente, alle imprese, ai lavoratori e ai consumatori.
Per questo - e per chi sa e vuole vedere lontano - può
rappresentare il futuro di Taranto e merita di starne alla testa”.
“Siamo
terra di eccellenze. E spesso non lo sapevano. Finchè,
abbastanza di recente ma sempre più spesso, abbiamo compreso che le
nostre ricchezze potevamo valorizzarle da soli e ricavarne tutto il
valore aggiunto, invece che farcelo soffiare da altri – ha concluso
Antonio Lupoli, presidente di Copagri Taranto) – Quello del
Primitivo di Manduria, ad esempio, è un caso di scuola. Per decenni
è stato usato per dare corpo e gradazione alcolica ad altri vini,
ritenuti più nobili. Poi abbiamo scoperto che avere una storia, una
tradizione e inserirle in un marchio, conferendogli riconoscibilità
e valorizzandolo sui mercati poteva essere la chiave di volta per
conquistare il mondo senza dimenticare le nostre radici. E’
successo col Primitivo, ma in Terra Ionica abbiamo altri “giacimenti”
da sfruttare e che dobbiamo imparare a vendere. Non solo
prodotti di massa, ma soprattutto eccellenze da esportare ovunque.
Con una consapevolezza che dev’essere la nostra forza: la qualità
non si può copiare. Dieci anni fa, per capirci, in Cina non c’erano
vigneti, oggi ne hanno oltre 700mila ettari e nei prossimi 5 anni li
raddoppieranno. Noi dobbiamo essere convinti di ciò che facciamo e
sappiamo far bene: il
Primitivo – come altri vini e prodotti di alta qualità - si fa qui
e non dovunque e
con questa idea possiamo affrontare, e vincere, la sfida del mercato
in tutto il mondo”.