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martedì 18 marzo 2014

MOTTOLA, PIONIERA DEL METODO "SABONA" IN ITALIA.


Gli studenti mottolesi sono stati i primi in Italia ad aver visto utilizzare le tecniche del metodo internazionale “Sabona”, quello elaborato da John Galtung, padre del “Peace Research Institute” e della rete “Transcend” per la risoluzione dei conflitti. Metodo usato ufficialmente dagli operatori delle Nazioni Unite. 

Questo perché - come hanno spiegato le due rappresentanti di “Transcend”- Synøve Faldalen ed Erika Degortes, non c’è molta differenza nel meccanismo che causa i conflitti, che siano piccoli o internazionali. Le due hanno realizzato un breve percorso di formazione negli scorsi giorni con alcuni professori presso il liceo “A.Einstein”, ed incontrato gli studenti delle tredici classi coinvolte nei progetti curati dall’associazione “Avamposto.Educativo”, forza motrice dell’ iniziativa. E di questo si è parlato nell’Aula Magna lo scorso 15 marzo, tirando le somme del lavoro svolto. Erano presenti, tra i rappresentanti politici locali, gli assessori Giovanni Bello e Annamaria Notaristefano.
Ad introdurre il dibattito, dopo i saluti di Bello, è stata la fondatrice di “Avamposto”, Gabriella Pansini: “La forza di questa inziativa è stata la gratuità che ha contraddistinto formatori e collaboratori, che hanno voluto darci una mano con lo spirito di arricchire la nostra realtà. Si tratta del culmine di un percorso iniziato due anni fa, dapprima col progetto “Artigiani di Pace” e poi con “Orione”. Gli obiettivi che ci siamo posti sono stati: uscire dallo schema buoni/cattivi, liberando i ragazzi dai sensi di colpa, e la realizzazione di percorsi che li aiutassero a non sentirsi soli”. Ha poi continuato: “Abbiamo cercato di tradurre ‘Sabona’ in italiano coinvolgendo in primis i ragazzi con un progetto, ma è stato davvero complesso, ci siamo così avvalsi dell’aiuto di traduttori professionisti locali, perché il lavoro si rivelava piuttosto ostico. Il libro vive oggi attraverso i suoi autori”.
Il metodo “Sabona” (dalla lingua zulù, “Ti vedo”) si avvale di sette strumenti, e sono tre le fasi con cui viene messo in atto: l’ascolto, l’ insegnamento e l’azione, al fine di trasformare i conflitti in maniera creativa. Si tratta di strumenti globali che possono essere facilmente integrati nella realtà locale. I bisogni comuni dei ragazzi, infatti, sono gli stessi: ‘essere visti’. E’ importante perciò, per loro, capire come ottenere i propri obiettivi senza danneggiare gli altri.
Ha fatto notare Erika Degortes: “Abbiamo rifiutato tre volte, prima di accettare l’invito di ‘Avamposto’. Una di noi ha paura di volare, l’altra non voleva affrontare un viaggio così lungo. Alla fine, la dolce insistenza di Gabriella, dopo numerose email, ci ha convinte, e siamo davvero molto soddisfatte di aver accettato. Abbiamo trovato una bella atmosfera nelle classi, avete degli studenti e dei professori incredibili” ha continuato. A conferma di ciò, anche il commento della Faldalen: “Sono rimasta impressionata della gioia dei ragazzi, della loro accoglienza; il meeting con il preside e i genitori ci ha dato la misura di quello che è stato fatto. E ha continuato: “Alla base della violenza ci sono sempre le frustrazioni e i conflitti . Spesso la violenza nei ragazzi coinvolge persone in apparenza molto tranquille, che in realtà soffrono in silenzio perché non riescono a dar voce alle loro aspettative e frustrazioni. E’ importante che ragazzi così giovani possano essere educati a questi strumenti, perché li potranno usare sempre, in ogni fase della loro vita. Il comportamento dei ragazzi è in genere la parte superficiale per esprimere quello che vorrebbero ottenere. Magari un genitore o un professore non approva quello che vede, ma bisogna comprendere che spesso è altro quello che vogliono comunicarci. Una volta compreso questo, dobbiamo chiedergli come possiamo sostenerli. E’ importante, poi, insegnare poi ai genitori, un sistema dialogico basato sulla creatività per la risoluzione dei problemi”.

Le ragioni per cui risulta fondamentale diffondere questi metodi nelle scuole, come hanno fatto notare, sono basilari. Il primo è che la scuola è la fonte primaria di conoscenza, e poi perché i ragazzi troppo coinvolti in conflitti personali hanno difficoltà nella concentrazione e nell’apprendimento. Soddisfatto anche il preside dell’Istituto Comprensivo “Lentini-Einstein” che ha puntualizzato l’importanza di estendere questo sistema sui vari livelli di conflitti gerarchici che attanagliano la scuola, sede primaria dei tessuti affettivi. Al termine della serata, a suggellare il lungo percorso, un regalo atteso: hanno fatto capolino le prime due copie, a livello nazionale, tradotte in italiano, di “Sabona”, tra uno scroscio di applausi. Un nuovo obiettivo è stato raggiunto.
Fonte: Avamposto Educativo