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lunedì 10 febbraio 2014

NUOVE POVERTA': "FINITO IN ROVINA VIVO CON 100 EURO".


GIOIA DEL COLLE - Solo dall’altra notte il 57enne Umberto Perzano ha un tetto sopra la testa, in una vecchia casa del centro storico, a Gioia, offertagli da un amico. 

Finora quest’uomo ha dormito in auto, seduto con addosso una coperta di lana, sul sedile posteriore della sua vecchia utilitaria. Ridotto sul lastrico ed in drammatiche condizioni di salute, in giro per la città sempre alla ricerca di qualche farmaco e di un po’ di cibo, quest’uomo pesante oltre 130 chili l’altra mattina ha traslocato le sue ultime cose da questo mini appartamento a quattro ruote. Ma Umberto, padre di tre figli, sente ancora il freddo nelle vene e gli pare di essere andato oltre il dolore, anche a causa del diabete mellito e di un enfisema polmonare, con un deterioramento della funzionalità respiratoria, che gli impedisce di dormire supino.

La sua condizione attuale è il risultato di una broncopolmonite e di una meningite (è stato in coma per settimane al Policlinico), che lo hanno colpito nel 2008. Quest’uomo dalla vita ha avuto tutto, tranne qualche ora di felicità. Già a vent’anni, sottufficiale dell’esercito a Viterbo, è costretto a dimettersi a causa di una prima grave patologia ad una gamba. Torna a Gioia e viene assunto come autista in un noto caseificio cittadino. Nel 1977 passa alla Termosud, diventa dirigente sindacale e si segnala per una crescente attività di contrasto alla direzione aziendale.
Ma la vita di Umberto inizia ad andare rotoli, «Sono stato dilaniato, dice Umberto, anche dalla mia ideologia politica, che mi ha spinto ad essere attivista sin dall’età di 18 anni dello storico partito della sinistra italiana. E dopo 10 anni l’azienda di via Milano mi toglie ogni funzione lavorativa, probabilmente preoccupata della mia caparbietà a difesa dei diritti dei miei colleghi, e mi mette nelle condizioni di licenziarmi. Ma scevro da sterili alibi ripresi a fare l’autista in un altro caseificio, e nel 1994 lascio l’Italia e mi trasferisco a Berlino. Eseguo lavori in cartongesso ma dopo tre anni la nostalgia della famiglia diventa insostenibile e torno a Gioia».

E si ferma? «Macchè. Dopo qualche mese, a Mottola insieme a tre soci prendo in gestione un supermercato di una cooperativa nazionale. Le vendite vanno bene ma la cooperativa va in crisi e sono costretto a chiudere. E la mia esistenza precipita, quando la salute viene meno. Risulto inabile al lavoro e per le istituzioni pubbliche, in cui tanto ho creduto, divento un “invisibile”. Non esisto più. Anche se non possono non riconoscermi il 67% di invalidità ed ogni volta che mi reco agli uffici dell’Asl fanno finta di non conoscermi. Anche se sono allo stremo, vivo con 100 euro di un contributo comunale, a questa gente non interessa che io sono nato per esistere e voglio vivere».

Umberto si esprime bene e ora pare che parli in un’assemblea sindacale: «Comunque non avendo nulla di cui vergognarmi, chiedo almeno benevolenza per quegli altri dieci disperati di Gioia del Colle che vivono l’angoscia di non avere niente da mangiare e la depressione di dover dormire sotto un cavalcavia».

Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it