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giovedì 5 febbraio 2015

ROSSANA DE PACE RACCONTA LA SUA ESPERIENZA DOPO AVER PARTECIPATO AL PROGETTO "IL TRENO DELLA MEMORIA".


La nostra concittadina Rossana De Pace ci racconta la sua esperienza dopo aver partecipato al progetto Nazionale “Il Treno della Memoria” dal 27 gennaio al 02 febbraio, dopo aver visitato i campi di Birkenau, Aushwitz, la risiera di san Sabba e la fabbrica di Shindler a Cracovia. .
ROSSANA RACCONTA:

Siamo partiti da Bari in 740, divisi in 14 gruppi, affrontando 4000 km passando per 5 stati diversi in 60 ore di pullman. Potrei raccontarvi quello che ho visto, dai 175 ettari del campo di Birkenau al mercato di natura morta di miriadi di capelli, scarpe, pentole, vesti e averi che 1 100 000 uomini in quei campi avevano perso insieme alle loro vite. Sarebbe, però, la stessa testimonianza che vedete in tv, che vi raccontano nelle scuole; le stesse immagini che piangete nei video o in foto. Gli stessi quadri lugubri che anch’io avevo visto prima di partire, per cui avevo ribrezzo. La differenza sta proprio nel vivere l’esperienza, che aggiunge il significato vero a quelle immagini. Per questo motivo, più che essere descrittiva, la mia testimonianza sarà legata a quel che ho partorito con questo viaggio, a come è cambiato il mio modo di vedere le cose prima del viaggio e dopo.
Sono partita con l’interrogativo “Com’è possibile che sia accaduto un massacro del genere? Davvero l’uomo può arrivare a tanto?”. Tutto era mosso da incredulità, nonostante condividessi la frase “Ricordiamo per non dimenticare e non commettere lo stesso errore”, quell’errore mi sembrava così assurdo che vedevo impossibile il fatto che potesse riaccadere; ero tranquilla, lo davo per scontato perché nella mia mente era tutto lontano dalla realtà, come se quelle pagine di storia le avesse scritte un popolo e un uomo bagnati nella follia, perversione, pazzia.
Rivelatoria per me, è stata la visita alla fabbrica di Shindler, un uomo che inizialmente sottrasse con l’inganno questa fabbrica agli ebrei, ma che poi ne salvò 1.100 circa. Ricostruiva l’evoluzione del sentimento del popolo e tutto ciò che ha portato questo, ad abbracciare il progetto di sterminio. Ogni stanza era di forte impatto emotivo e ti restituiva la storia attraverso tutti i sensi, facendoti vivere il passaggio dalla libertà alla reclusione nel ghetto proprio giocando sugli ambienti, riproducendone le sensazioni. “Anche il cielo era di pietra e le mura, delle lapidi” ci spiegava la guida mentre guardavamo un soffitto coperto, dal quale scorci di cielo cercavano di spiare e il buio regnava, interrotto da teche, scritte e rumori di sottofondo che erano voci mischiate, lamenti trascinati. Passavamo da sentimenti di ogni genere, da immagini raccapriccianti che facevano diventare tutto più vero.
Ad un certo punto tutto quel mondo lontano e irraggiungibile, si è catapultato nella realtà, nella mia realtà e mi ha dato uno schiaffo in pieno viso, facendomi piangere, infondendomi paura perché non è passato, è presente, è il nostro presente e siamo chiamati noi in ballo non solo con il ricordo ma soprattutto con le nostre azioni, con le nostre scelte! In quel momento mi sono sentita responsabile dell’oggi, sono diventata protagonista del mio tempo, ecco perché mi ha fatto paura questa grande responsabilità.
E’ stato lì che mi sono data una risposta all’interrogativo di partenza, capendo che non solo è stato possibile, ma che c’erano dei presupposti che non avevano a che fare con la pazzia o superficialità, ma con sentimenti profondi e radicati che hanno permesso al piano di sterminio di essere efficace e condiviso dal popolo!
Nel momento in cui ho capito che non era più così assurdo mi sono anche resa conto che quei presupposti che hanno dato vita a quell’orrore, ci sono anche oggi.
Il popolo doveva essere impazzito in quel tempo, pensavo, eppure guardando con il binocolo a quel tempo vediamo una Germania che esce distrutta dalla prima guerra mondiale più di tutti, accusata come la maggior responsabile del conflitto e alla proposta di equilibrio di Wilson nel congresso di Parigi del 1919, per la spartizione dei territori vinti dalla guerra, è stata preferita la linea punitiva che metteva la Germania KO.
Le altre nazioni per toglierla dalla competizione l’hanno sotterrata ancor più di quanto già lo fosse con i debiti di guerra.
Immaginate così, un popolo in crisi, umiliato, pieno di odio e disperazione. Ecco i presupposti che rendono la storia, realtà : odio e disperazione.
E’ così lontano da quel che affligge noi oggi? Rimanendo qui, in Italia, non stiamo vivendo la nostra crisi nel dolore, con la difficoltà di non arrivare a fine mese, con la sfiducia nel governo e tutto questo non provoca disperazione? Adesso questo popolo ci sembra così folle, matto?
Io oggi la noto la paura, la vedo in tutto quel che accade ogni giorno, dalle parole dure verso gli immigrati, in quel che è accaduto a Tor Sapienza perché la gente è disperata e cerca una soluzione, non è folle, non è pazza.
Mi sono trovata personalmente ad intervistare, per un progetto, diverse persone sulla questione “Immigrazione” e c’è chi mi ha detto “magari morissero tutti sotto le macerie di quel centro” con le lacrime agli occhi quando parlava della difficoltà che aveva a mantenere la sua famiglia, a istruire i suoi figli, a tenere la casa, a sopravvivere! Nei suoi occhi c’era dolore, rabbia, rancore che gli facevano dire cose inaudite, come quelle che il popolo tedesco condivideva e che a noi fanno ribrezzo adesso che non siamo in guerra, ancora, ma io non noto differenza. La disperazione acceca, diventa odio e degenera.
Hitler non fece altro che abbracciare il malcontento di questo popolo che vide in lui la soluzione dei suoi problemi, che lo rendevano debole e facile da plasmare praticando una propaganda politica dell’odio che guardava la rinascita della Germania e del Tedesco eliminando tutto ciò che ne era estraneo, accusandolo come causa del problema.
Ora ditemi se non è vero che l’odio verso il diverso non c’è da noi, che per disperazione non dobbiamo anche noi trovare un colpevole e non lo troviamo proprio in quell’ immigrato che “ci toglie il lavoro”; e ditemi se non è vero che c’è tanta propaganda politica che gioca sul malcontento della gente, che dissemina odio e intolleranza aizzando i popoli contro chi è diverso, contro chi non è italiano!
Quest’odio, questa disperazione hanno trovato approdo in un uomo che gli ha utilizzati come armi di distruzione.
Ora non è più così assurdo, non è più lontano e irrealizzabile, per cui ho smesso di stare tranquilla in quel campo. Non leggo più la frase “Conosciamo per non commettere lo stesso errore” come qualcosa di improbabile, in un futuro lontano da noi, perché quell’errore è qui, nei nostri giorni, i presupposti sono gli stessi, basta poco perché la storia si ripeta e tutto quello che ci sembra assurdo, che ci disgusta potrebbe diventare realtà e noi potremmo far parte di quel popolo disperato, che giustifica questa violenza.
Proprio qui sta la differenza! Adesso che conosciamo la storia non abbiamo giustificazioni, abbiamo la possibilità di SCEGLIERE, la più grande responsabilità che abbiamo nelle nostre mani.
Alla fine della fabbrica c’erano due stanze, una bianca e una nera che rappresentavano le persone che avevano fatto la scelta giusta e quelle che avevano fatto quella sbagliata. A quel punto la guida ci ha passato il testimone, dicendoci che è nostro dovere CONOSCERE per capire da che parte stare! Non è più così scontato ora, se ci caliamo nel sentimento popolare, ma sappiamo che se ci facciamo prendere dall’odio, dalla disperazione, l’intolleranza possiamo finire per ripetere la storia rendendo vana la morte di tutta quella gente che ci ha dato la testimonianza che “gli infelici possono essere pericolosi”. Proprio qui ha acquistato senso il fatto di “non commettere lo stesso errore” e questa è la nostra arma, la storia che deve essere conosciuta, l’istruzione che deve essere interiorizzata.

Le mie emozioni più profonde davanti quell’orrore sarebbero state belle parole che avrebbero fatto commuovere forse, ma può parlarne solo chi ha vissuto davvero quel massacro, noi possiamo solo immaginare e già fa tanto male; possiamo andare a vedere con i nostri occhi e immaginare meglio, ma questo non deve rimanere uno statico stato di compassione guardando al passato, ma deve farci aprire gli occhi sul presente e farci stare vigili e PRONTI! Adesso sappiamo, abbiamo una marcia in più per scegliere di imboccare la via per la stanza bianca, la scelta giusta, per l’umanità!”
Rossana De Pace