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martedì 4 agosto 2015

AGRICOLTURA RUOLO CENTRALE NELL'ECONOMIA DI TARANTO.


Cia Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri mettono in risalto i dati del Rapporto Taranto 2015.

L'agroalimentare miglior settore in Puglia: nel 2013 il maxi-rimbalzo del valore aggiunto (+18,9). Sta di fatto che quando si dice Taranto, di solito si pensa all’acciaio. E invece c’è un’altra Taranto: che non è grigio-piombo ma verde-vivo. Una specie di “cromoterapia” applicata ad un’economia malata.
 L’agricoltura tarantina - meglio ancora il settore agroalimentare - è cioè il simbolo plastico di un’economia non più prigioniera della monocultura del ferro e che ha saputo, in quest’ultimo lustro, rialzarsi e inanellare risultati molto positivi. Nonostante la crisi; anzi, in direzione ostinata e contraria rispetto alla crisi. Ricostruendo un tessuto economico dinamico e propulsivo, capace di coniugare il verbo “crescere” al presente e, soprattutto, al futuro.
Qui, ora, a Taranto, Cia Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri rappresentano un’economia che, appunto, è tornata a crescere e vuole essere al centro delle dinamiche decisionali, nelle stanze del policy making.
L’agricoltura ha tirato su numeri importanti, vediamoli nel dettaglio.
Nel 2013, il settore primario tarantino ha contribuito alla formazione del valore aggiunto provinciale con 565,2 milioni di euro, segnando una variazione positiva – l’unica a livello provinciale – del +18,9% rispetto al 2012, crescita superiore sia alla media regionale (+17,8%) che a quella nazionale (+5,6%). Un rimbalzo che è valso all’agricoltura ionica la palma di miglior settore economico di Puglia e che arriva dopo anni di flessione del prodotto e di ristrutturazione generale del settore. Si tratta, in ogni caso, di un settore cruciale considerando che esso incide sul totale della ricchezza prodotta in provincia per il 6,4%, a fronte di una media nazionale e regionale pari rispettivamente al 2,3% ed al 4,8%.
Nella provincia che perde posti di lavoro con impressionante velocità (meno 10.400 unità nel 2014, con un tasso di disoccupazione schizzato dal 15,5% al 18,5%), il contributo del comparto agroalimentare all’occupazione provinciale risulta maggiore rispetto a quanto osservato in Puglia (+ 1,5%) e in Italia (+8,2%).
Nell’industria agroalimentare tarantina si concentrano 16.629 addetti a fine 2014, ovvero il 16% della base lavorativa delle imprese (Italia 7,8%); in tale scenario, l’industria alimentare rivela un sostanziale allineamento con la media nazionale (Taranto 2,3%; Italia 2,6%), mentre il settore agricolo, con oltre 14.200 addetti, si distingue per una forza lavoro consistente (Taranto 13,8%; Italia 5,2%) L’agricoltura della provincia di Taranto è uno dei settori che, a livello provinciale, assorbe maggiormente manodopera, circa 30.000 lavoratori, con oltre 4.000.000 di giornate movimentate, la cui gran parte si sviluppa nella zona occidentale della nostra provincia ove è presente in maniera preponderante un’agricoltura intensiva.
Il forte impiego di manodopera sta ad indicare come il settore possa essere considerato come una ramo di potenzialità occupazionali ancora da esplorare approfonditamente, soprattutto nel quadro di una integrazione tra attività economiche in grado di contribuire all’affermazione di un modello di sviluppo a minor impatto ambientale ed elevata ricaduta economica. Di più: un modello “green” che mette sullo stesso piano la salubrità dei prodotti e la salute dei consumatori.
Il dato delle aziende agricole iscritte nel REA (repertorio economico amministrativo) della Camera di Commercio di Taranto al 31 dicembre 2014 è di 10.779  (il 26,1% del totale) a fronte di 41.043 iscritti complessivi. Se ad esse si sommano le imprese impegnate nell’industria alimentare il dato, a fine 2014, sale a 11.355, ovvero la filiera agroalimentare “pesa” per il 27,7% del totale (Italia 15,9%). Il dato generale comprende anche 74 imprese che operano nella pesca e nella silvicoltura. La distribuzione settoriale di queste imprese indica anche le principali specializzazioni produttive, tra cui si sottolinea la coltivazione di uva (27,5% del totale agroalimentare), le colture permanenti (23,6%), la coltivazione di frutti oleosi (10,2%), la coltivazione di agrumi (9,2%), nonché le coltivazioni associate all’allevamento degli animali (7,1%).
Da segnalare che, complessivamente, le imprese femminili iscritte alla Camera di Commercio di Taranto al 31/12/2014 sono 10.734 di cui 3.316 nel settore agricolo.
Nel paniere agroalimentare tarantino sta crescendo l’incidenza delle produzioni identitarie, fatte di marchi e denominazioni d’origine, al fianco di quelle ad alta specializzazione che caratterizzano alcune zone della provincia. Su tutte si distinguono le produzioni di uva da tavola e da vino, che nel 2014 si attestano a 4.242.500 quintali, pari al 19,4% del totale regionale; l’uva da tavola, in particolare, con 2,4 milioni di quintali rappresenta circa il 40% del prodotto regionale e oltre il 20 di quello nazionale, nonostante un’annata in flessione. A seguire gli agrumi con 2.297.000 quintali, pari all’89,4% del totale regionale, con la clementina che, da sola, vale il 96% del prodotto pugliese e oltre un quarto di quello italiano; poi i cereali con 370.500 quintali, pari al 3% del totale regionale e il pomodoro con 220.500 quintali, l’1.7% del totale regionale.
Ragionando in termini di valore delle produzioni agricole e zootecniche, va evidenziato che i comparti di maggior rilievo per il sistema produttivo della provincia sono: le vitivinicole, con oltre 189 milioni di euro nel 2013 (Taranto 26,1% del totale produzione agricola; Italia 8,3%); le patate e gli ortaggi, con 137,3 milioni (Taranto 19,5%; Italia 14,5%); la frutta e gli agrumi, oltre 69 milioni (Taranto 9,8%; Italia 8,5%); le olivicole, con oltre 42 milioni (Taranto 6%; Italia 3,3%); il latte (59 milioni) ed i prodotti zootecnici, pari a circa 38 milioni (complessivamente Taranto 7,3%; Italia 10%).
Infine, per quanto concerne le esportazioni si è invece assistito ad un importante incremento nel 2012 (+19,8%), controbilanciato da performance negative nel 2013 (-19,7%) e 2014 (-3,5%), anche in considerazione della circostanza che la maggior parte del prodotto della provincia di Taranto viene commercializzato con marchi commerciali della provincia di Bari e della Campania con un significativo effetto distorsivo del dato reale. Un terreno apparentemente vergine sul quale Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri sono pronte a cogliere, e a vincere, una nuova sfida per l’agricoltura ionica e per l'economia provinciale. Ancora una volta saranno i numeri, con la loro indiscutibile forza, a dire l'ultima parola.
Vorrei mettere in risalto che l’agricoltura jonica ha avuto la straordinaria capacità di cogliere le nuove opportunità offerte dal mercato, innovando gli impianti con nuove varietà di uva, di agrumi, frutta, ortaggi e cereali – ha detto Francesco Passeri, presidente Cia Taranto – È in fase avanzata l’utilizzo dei nuovi strumenti legati al commercio elettronico, con la vendita diretta tramite internet delle proprie produzioni. Le imprese agricole si sono anche inserite nel campo della multifunzionalità con B&B (bed e breakfast), recuperando il patrimonio di masserie esistenti sul territorio e si sono candidate a gestire i beni archeologici presenti nelle aziende. L’agricoltura della provincia di Taranto, i dati e le prospettive dimostrano la vitalità di un settore, che in controtendenza rispetto ad altri guadagna importanti fette di mercato, per questo è necessario tenere nella giusta considerazione il settore che non può subire le decisioni che vengono assunte da altri”.
Rappresentiamo un’economia che, appunto, è tornata a crescere e vuole essere al centro delle dinamiche decisionali – ha evidenziato Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Taranto - Dopo  essersi guadagnata i galloni sul campo dell'economia reale. Un mondo, insomma, che vuole finalmente contare, perchè Taranto ha bisogno di nuovi protagonisti e di innovativi modelli economici - veri motori del cambiamento - in grado di tirarla fuori dalla terribile crisi in cui è precipitata. Un’oasi felice, questa è oggi l'agricoltura tarantina, in un panorama di profonda recessione: nel 2014, secondo il recentissimo Rapporto Taranto, «la provincia di Taranto è risultata la peggiore area in Italia per andamento del valore aggiunto prodotto a prezzi correnti con una flessione, rispetto al 2013, del -3,2%, a fronte di una media nazionale che ha fatto registrare un primo timido segnale di ripresa (+0,2%)». L’agricoltura, invece, ha fatto da sé e ha tirato su numeri importanti sia sotto il profilo dell’occupazione, che sotto il profilo della produzione qualitativa che quantitativa, esprimendo eccellenze che ormai varcano i confini a testa alta, vedi il Vino Primitivo”.
Le aziende agricole hanno fatto tesoro dei disastri prodotti dalla crisi. Hanno fatto, cioè, quanto consigliavano i nostri padri: imparare dai propri errori. O per dirla con Cicerone: historia magistra vitae – ha sottolineato Luca Lazzàro, presidnete di Confagricoltura Taranto – Dunque, l’agricoltura è tornata a crescere perché dopo grandi difficoltà ha saputo cambiare registro, rinnovare la propria classe dirigente, innovare i processi produttivi e puntare su nuovi prodotti. Ma anche spingere sulla specializzazione delle produzioni, che è diventata il segno distintivo dell’agricoltura ionica assieme ai marchi identitari. Il settore primario è stato capace di uscire dal tunnel con le proprie forze, con energie fresche e spirito imprenditoriale. Senza piangersi addosso e senza cercare il “doping” delle leggi statali che non hanno reindustrializzato un bel nulla. Oggi cresciamo e vogliamo contare perché per anni abbiamo proposto l’uva al posto dell’acciaio e sembravamo dei matti, mentre ora i numeri ci danno ragione. Il nostro modello di sviluppo alternativo e sostenibile fa bene all’ambiente, alle imprese, ai lavoratori e ai consumatori. Per questo - e per chi sa e vuole vedere lontano -  può rappresentare il futuro di Taranto e merita di starne alla testa”.

 “Siamo terra di eccellenze.  E spesso non lo sapevano. Finchè, abbastanza di recente ma sempre più spesso, abbiamo compreso che le nostre ricchezze potevamo valorizzarle da soli e ricavarne tutto il valore aggiunto, invece che farcelo soffiare da altri – ha concluso Antonio Lupoli, presidente di Copagri Taranto) – Quello del Primitivo di Manduria, ad esempio, è un caso di scuola. Per decenni è stato usato per dare corpo e gradazione alcolica ad altri vini, ritenuti più nobili. Poi abbiamo scoperto che avere una storia, una tradizione e inserirle in un marchio, conferendogli riconoscibilità e valorizzandolo sui mercati poteva essere la chiave di volta per conquistare il mondo senza dimenticare le nostre radici. E’ successo col Primitivo, ma in Terra Ionica abbiamo altri “giacimenti” da sfruttare e che dobbiamo imparare a vendere.  Non solo prodotti di massa, ma soprattutto eccellenze da esportare ovunque. Con una consapevolezza che dev’essere la nostra forza: la qualità non si può copiare. Dieci anni fa, per capirci, in Cina non c’erano vigneti, oggi ne hanno oltre 700mila ettari e nei prossimi 5 anni li raddoppieranno. Noi dobbiamo essere convinti di ciò che facciamo e sappiamo far bene: il Primitivo – come altri vini e prodotti di alta qualità - si fa qui e non dovunque e con questa idea possiamo affrontare, e vincere, la sfida del mercato in tutto il mondo”.