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mercoledì 30 ottobre 2013

INCHIESTA ILVA, 53 INDAGATI: COINVOLTI VENDOLA E IL SINDACO STEFANO.


TARANTO - Chiusa l'inchiesta «Ambiente Svenduto» sull'Ilva. Cinquantatrè le persone indagate. Tra i nomi è spuntato anche quello di Nichi Vendola, il presidente della Regione Puglia.

Secondo la procura tarantina, il governatore avrebbe detto al direttore dell'Arpa di adottare una linea morbida contro il siderurgico tarantino. In particolare il leader di Sel è indagato per concussione in concorso con Girolamo Archinà, ex dirigente dei rapporti istituzionali dell'Ilva, Fabio Arturo Riva, ex presidente del gruppo Riva, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento tarantino e Francesco Perli, legale del gruppo, per aver fatto pressioni sui vertici dell'Arpa, l'agenzia regionale per l'Ambiente, al fine di «ammorbidire» la posizione dell'agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'impianto siderurgico.

LA VICENDA CHE RIGUARDA VENDOLA - In particolare, il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato ed i suoi funzionari Blonda e Giua - ricostruiscono i pm - avevano proposto nel giugno 2010 di ridurre e rimodulare il ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico in virtù dei risultati preoccupanti dei campionamenti sulla qualità dell'aria che avevano evidenziato valori elevati di benzoapirene. È a questo punto, secondo i magistrati, che il presidente Vendola avrebbe «consigliato» ad Assennato a modificare la posizione sull'Ilva minacciandolo di non confermare il suo incarico alla direzione dell'Arpa (in scandenza a febbraio 2011). Vendola lo avrebbe quindi costretto ad ammorbidire la posizione dell'Arpa permettendo così all'acciaieria tarantina di continuare a produrre ai massimi livelli, come fino ad allora era avvenuto. In un incontro del 22 giugno 2010 con gli assessori Fratoianni e Losappio, il capo Gabinetto alla Regione Francesco Manna ed il dirigente Davide Pellegrini il presidente Vendola, dopo aver fortemente criticato l'operato dell'Arpa, avrebbe ribadito che in nessun caso l'attività produttive dell'Ilva avrebbe dovuto subire ripercussioni. Quasi un mese dopo, nel corso di una riunione con Emilio e Fabio Riva, il direttore Capogrosso ed Archinà, Vendola avrebbe convocato Assennato lasciandolo attendere fuori dalla stanza. In quell'occasione Assennato sarebbe stato inoltre ammonito dal dirigente all'Ambiente Antonello Antonicelli, su incarico di Vendola, a non utilizzare i dati tecnici «come bombe carta che poi si trasformano in bombe a mano».

GLI ALTRI NOMI DELL'INCHIESTA - Nell'inchiesta risultano coinvolti anche il sindaco Ippazio Stefàno, il parlamentare di Sel, Nicola Fratoianni (all'epoca assessore regionale), l'attuale assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro, il consigliere regionale del Pd Donato Pontassuglia. Gli altri avvisi di garanzia sono in corso di notifica al patron Emilio Riva e ai suoi figli Nicola e Fabio. Sono ancora coinvolti il consigliere regionale Donato Pentassuglia i dirigenti della Regione Antonicelli, Manna, Pellegrino ed anche il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato, il direttore scientifico dell'Arpa Massimo Blonda. Ecco la lista di tutti gli indagati: Emilio Riva (1926), Nicola Riva (1958), Fabio Arturo Riva (1954); Luigi Capogrosso (1955), Marco Andelmi (1971), Angelo Cavallo (1968), Ivan Dimaggio (1969), Salvatore De Felice (1964), Salvatore D'Alò (1959), Girolamo Archinà (1946), Francesco Pervi (1954), Bruno Ferrante (1947), Adolfo Buffo (1956), Antonio Colucci (1959), Cosimo Giovinazzi (1974), Giuseppe Dinoi (1984), Giovanni Raffaelli (1963), Sergio Palmisano (1973), Vincenzo Dimastromatteo (1970), Lanfranco Legnani (1939), Alfredo Cerinani (1944), Giovanni Rebaioli (1948), Agostino Pastorino (1953), Enrico Bessone (1968), Giuseppe Casartelli (1943), Cesare Cotti (1953), Giovanni Florido (1952), Michele Conserva (1960), Vincenzo Specchia (1953), Lorenzo Liberti (1942), Roberto Primerano (1974), Marco Gerardo (1975), Angelo Veste (1938), Giovanni Bardaro (1962), Donato Perrini (1958), Cataldo De Michele (1959), Nicola Vendola (1958), Ippazio Stefàno (1945), Donato Pentassuglia (1967), Antonello Antonicelli (1974), Francesco Manna (1974), Nicola Fratoianni (1972), davide filippo Pellegrino (1961), Massimo Blonda (1957), Giorgio Assennato (1948), Lorenzo Nicastro (1955), Luigi Pelaggi (1954), Dario Ticali (1975), caterina Vittoria Romeo (1951), Pierfrancesco Palmisano (1953), Ilva spa (in persona del commissario straordinario Enrico Bondi), Riva Fire spa (in persona del consigliere delegato e legale rappresentante Angelo Massimo Riva ), Riva Forni Elettrici spa (in persona del presidente legale e rappresentante Cesare Federico Riva).

IL RUOLO DELL'ASSESSORE NICASTRO - È indagato di favoreggiamento personale perché scrivono i pm nelle carte: «quale assessore alla qualità dell'Ambiente della Regione Puglia, al fine di assicurare a Vendola l'impunità del reato aiutava quest'ultimo ad eludere le investigazioni dell'autorità e, in particolare, sentito dalla polizia giudiziaria quale persona informata sui fatti attestava falsamente di "non avere memoria della presenza del prof. Giorgio Assennato nella riunione del 15/07/2010" di non ricordare la circostanza relativa alla convocazione di Assennato presso l'ufficio di Presidenza».

GLI AVVISI DI GARANZIA - Il provvedimento è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. Quest'ultimo è titolare di due fascicoli d'inchiesta relativi ad incidenti mortali verificatisi all'Ilva di Taranto, fascicoli che sono stati inglobati nell'inchiesta-madre. I reati contestati agli indagati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale all'avvelenamento di sostanze alimentari, all'emissione di sostanze inquinanti con violazione delle normative a tutela dell'ambiente..

L'INCHIESTA - L'avviso di conclusione delle indagini preliminari consiste in una quarantina di pagine con una fitta rete di capi d'imputazione. Per un gruppo di indagati - si conferma in ambienti giudiziari - sarà confermata l'accusa di aver costituito un'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari e ad altri reati minori. Dall'inchiesta -madre resterà fuori l'indagine riguardante le discariche di rifiuti dell'Ilva e relative autorizzazioni, peraltro ora in fase di revisione sul piano amministrativo. Prosegue intanto, sull'asse Taranto-Londra, la battaglia giudiziaria da parte dei legali di Fabio Riva, vice presidente di Riva Fire, in libertà vigilata nella capitale inglese dal gennaio scorso dopo che era stata dichiarata la sua latitanza perché non rintracciato sulla base di un mandato di arresto europeo.


Fonte: corrieredelmezzogiorno.corriere.it