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domenica 12 maggio 2013

GIGLIA MARRA: VOLEVO FARE IL MECCANICO.


L'abbiamo vista in tv, al cinema e a teatro. Rifarebbe una soap, ma non un reality. Da Mottola con talento, ecco una giovane attrice che farà molta strada.


Segni particolari: bellissima. Ma guai pensare che sia solo questo: si cadrebbe in errore. Perché Giglia Marra, giovanissima attrice pugliese, è il perfetto connubio fra bellezza e talento.

Un talento che ha coltivato nel corso degli anni, con sacrifici e grande caparbietà. Quando ha capito di voler fare l’attrice si è rimboccata le maniche e ha iniziato a studiare con serietà e impegno, convinta che una buona carriera si costruisca soltanto attraverso anni di gavetta. Niente scorciatoie, niente reality. Piuttosto, migliorare costantemente affiancando alla recitazione tante nuove abilità: Giglia infatti sa ballare, canta piuttosto bene e fa equitazione da tutta la vita. Perché un attore deve essere completo. Un nome poco comune, che è stato il suo tormento durante tutta l’infanzia e che ora invece rappresenta uno dei suoi punti di forza e di immediato riconoscimento, Giglia si racconta per ExtraMagazine.

Quando hai scelto di diventare un’attrice? Sognavi di farlo sin da bambina?
«No, al contrario. Da piccola ho pensato di fare davvero di tutto, ma mai l’attrice. Soprattutto ero attratta dai lavori manuali, come l’imbianchino o il meccanico. Professioni, tra l’altro, quasi prettamente maschili. In particolare, sognavo di fare il fantino. Ho da sempre una grande passione per l’equitazione, che coltivo tuttora, soprattutto quando ho bisogno di rilassarmi. Immaginavo, pertanto, che mi sarei dedicata a essa  per tutta la vita e in maniera professionale. Per un certo periodo l’ho fatto anche a livello agonistico.»
 E poi?
«Poi con il tempo ho iniziato a considerare il lavoro di attrice, grazie a un mio amico che mi parlava costantemente dell’arte della recitazione. Ne sono rimasta affascinata e ho preso a studiare per intraprendere questa carriera. Mi sono laureata in Scienze delle Arti e dello Spettacolo, indirizzo Cinema, con una tesi su FerzanOzpetek.»
 Cosa ti piace maggiormente di questo regista?
«Sicuramente il fatto che mette in primo piano i sentimenti. Parla di temi forti e reali, come per esempio l’omosessualità, ma lo fa in maniera delicata, senza troppe esaltazioni. Riesce attraverso i suoi film a sdrammatizzare delle situazioni che potrebbero rivelarsi invece molto difficoltose e per questo lo ammiro moltissimo. Il suo genere tragicomico è in grado di raccontare qualsiasi cosa, lasciando che nello spettatore scaturisca una profonda riflessione, ma anche un sorriso.»
 È il regista che preferisci in assoluto?
«Direi di sì, anche se ne apprezzo anche molti altri. Come Sergio Rubini, ad esempio, un pugliese come me. Amo quel pizzico di surrealismo presente in ogni suo film.» 
Tornando alla tua carriera, nonostante tu sia molto giovane hai avuto modo di recitare in diverse produzioni.
«Sì, è vero. Ho avuto la fortuna di esordire in una soap opera molto popolare, “Vivere”. È stato il mio primissimo ingaggio e questo mi ha aiutato molto. Interpretavo un’infermiera molto avvenente e ho avuto modo di mettermi subito alla prova in una serie che veniva vista da migliaia di persone. Purtroppo però, la produzione ha chiuso subito dopo e io ho potuto fare poche puntate. Mi è dispiaciuto poiché speravo di continuare a lavorare lì e magari di assistere anche a un’evoluzione del personaggio, ma è andata così. Fino a quando si continueranno a privilegiare soap straniere non ci potremo far nulla.»
 Cosa vuoi dire?
«Hanno chiuso “Vivere” e anche “CentoVetrine” attraversa di tanto in tanto dei momenti di crisi. Però non si rinuncia a “Beautiful”, una produzione straniera dalle storie assurde e paradossali, che peraltro sono sempre le stesse, tramandate di generazione in generazione. La soap americana gode anche di una fascia oraria maggiormente seguita, ha tutti i privilegi che invece dovrebbero essere destinati alle produzioni nostrane. Anche perché a lavorare in una soap non sono solo gli attori, ma anche intere equipe di truccatori, costumisti, elettricisti, manovali… insomma, una serie televisiva dà lavoro a moltissime persone. Si dovrebbe puntare maggiormente sulle nostre risorse, a mio avviso.»
 Sono d’accordo. Come è stato lavorare in una soap?
«Molto istruttivo. Alcuni attori snobbano questo genere di serie, considerandole di seconda categoria, ma non è così. Anzi, recitare in una soap opera può essere molto impegnativo, in quanto ha dei ritmi incredibilmente veloci e non c’è tempo per provare e riprovare una scena. Occorre imparare ogni giorno una gran quantità di battute ed è un’ottima palestra per un attore. Chi ha lavorato in una soap, credo sia avvantaggiato nel momento in cui si trova ad affrontare nuove sfide, come il cinema o il teatro. È allenato ad apprendere in fretta e a entrare immediatamente nel personaggio. Serve molta concentrazione. All’inizio, quando mi chiamarono per “Vivere” ero scettica anche io, perché sentivo ciò che dicevano gli altri; temevo che mi avrebbero giudicata sempre come un’attrice di soap. Ho capito ben presto però che non era così e che al contrario ho fatto la scelta giusta. Sono stata davvero molto contenta di aver fatto quell’esperienza.»
 Esperienza alla quale ne sono seguite moltissime altre.
«Sì, ho lavorato in altre produzioni, come per esempio la Taodue. Ho girato “Distretto di polizia”; “Ris”; “Squadra antimafia”, dove interpretavo il ruolo della figlia di un boss e ho dovuto imparare il dialetto palermitano; “I delitti del cuoco”. Ho lavorato per il cinema in un film di Niccolò Andenna, “Teleaut. Ultima trasmissione” e ho fatto molto teatro. Ho cominciato con Beatrice Bracco, dopo essermi iscritta a scuola di recitazione e ho preso parte a diverse rappresentazioni.»
 A proposito di teatro, attualmente sei impegnata in un lavoro con Carlo Dilonardo, di cui abbiamo parlato proprio qualche numero fa su queste pagine.
«Esatto. Stiamo portando in scena “Non siamo qui per le telecamere”, una commedia che affronta un tema di grande attualità come la partecipazione ai reality show, a cui puntano tantissimi giovani che aspirano a entrare nel mondo dello spettacolo, scegliendo naturalmente la via più facile. Io interpreto un avvocato molto colto e preparato che all’apparenza snobba la partecipazione a questo genere di show, mostrando indifferenza, ma in realtà ci tiene più di chiunque altro. A marzo, siamo andati in scena tutti i giorni per tre settimane al Teatro Agorà di Roma.»
 Parteciperesti mai a un reality?
«No, credo proprio di no. Certo, non si può mai sapere cosa ci riserva la vita, ma in tutta onestà, ora come ora, non sono affatto attratta da quel genere di attività. Oltretutto sono molto timida e un conto è recitare, dunque divenire altro da sé, un altro invece è mostrare me stessa. Io prediligo la gavetta, lo studio. Non mi piace chi crede che per diventare un attore basta partecipare al Grande Fratello. E non mi va giù il fatto che spesso, purtroppo, molti registi anche piuttosto seri e capaci, si avvalgano di personaggi usciti da una qualsiasi edizione di un reality, piuttosto che scegliere attori che hanno studiato per anni e che invece vedono i loro sogni infrangersi contro il muro, a favore di chi invece ha preso l’ennesima scorciatoia. Per tantissimi film non ho potuto neanche fare il provino, perché venivano presi in considerazione soltanto nomi già noti, non importa per cosa. Notorietà, invece del talento. Non lo trovo giusto.»
 Come in ogni settore, anche nel campo della recitazione si assiste a varie ingiustizie. Molti attori, poi, parlano anche di un “mondo piuttosto difficile”, dove spesso vengono fatte proposte che hanno poco a che fare con la recitazione.
«I lupi cattivi ci sono ovunque. Basta solo aggirarli e tenere fede alle proprie convinzioni, ai propri valori. E io sono una che crede tantissimo ai propri ideali, una di sani principi. Sono profondamente religiosa – indosso un rosario proprio ora (me lo mostra, ndr) –, e tengo sempre bene a mente quali sono le cose che hanno davvero valore. Sai, nel campo televisivo o cinematografico, per gli artisti in generale, insomma, va molto di moda il buddhismo. Non appena una celebrità afferma di appartenere a questa religione si assiste a una scia di nuovi adepti. La religione non è una moda, non può esserlo. La religione è convinzione profonda, e una fede radicata in ognuno di noi.»
 La nostra Puglia è intrisa di questi valori.
«Per fortuna sì, e mi manca molto. Cerco di tornare a Mottola, nella mia città, più spesso che posso. Qui è dove mi sento davvero a casa, sono nel mio ambiente. Però ho anche  un piccolo rammarico: quello di non aver lavorato abbastanza nella mia Puglia. Mi piacerebbe poter fare di più nella regione che amo, farmi conoscere nel mio territorio. Sono stati girati tantissimi film dalle nostre parti, ultimamente, ma vi hanno partecipato attori del nord o comunque non pugliesi. Lo trovo assurdo.»
 Visto che hai avuto modo per lavorare sia per il cinema che per la televisione e per il teatro, dove senti di dare il meglio di te?
«Amo la recitazione in sé per sé, dunque mi piace in ogni ambito. Non snobbo nulla, perché ritengo che ovunque vi siano degli ottimi prodotti. Certo, sono modi di recitare completamente diversi: il cinema mette in risalto ogni espressione, bisogna saper trasmettere ciò che si vuole senza eccessi o caratterizzazioni esagerate. Se si sbaglia, si ha l’opportunità di ripetere e poi viene fatto un grande lavoro di post-produzione, dove si sceglie la scena venuta meglio. Il teatro invece ti espone a rischi maggiori. Ottieni subito il riscontro del pubblico e non ti puoi permettere errori né dimenticanze. A teatro si vede il vero attore.»
Immagino che servano molte prove prima di andare in scena.
«Senza dubbio. A volte mi aiuta anche ripetere più volte ad alta voce una battuta mentre cammino per la stanza. Oppure fare degli esercizi di articolazione e di respirazione, specie quando sono imbottigliata nel traffico a Roma, dove si rischia davvero di trascorrere ore e ore in coda.»
 Quale ruolo vorresti interpretare?
«Sono una tipa da eccessi. Mi piace immaginarmi in ruoli che sono agli antipodi tra loro. Potrei recitare la parte della santa o quella della prostituta. Mi piacerebbe cimentarmi in ruoli da ragazza sciocca, così come in quelli decisamente più seri. Vorrei fare di tutto, e la recitazione è bella proprio per questo: ti permettere di essere ogni volta qualcuno di diverso.»
 C’è un’attrice a cui ti ispiri nel tuo lavoro?
«Direi Monica Vitti. È una delle attrici che apprezzo maggiormente. Mi piace perché è in grado di recitare in qualsiasi ruolo, non è stereotipata. Vedi, se c’è un problema nel cinema italiano è quello delle etichette: un attore che interpreta un ruolo comico, verrà visto sempre nello stesso genere. Chi gira film di mafia, verrà contattato sempre per film sulla mafia; e così via. Io amo gli attori che spaziano da un ruolo all’altro. Adoro per esempio anche Pierfrancesco Favino e Toni Servillo. Sono straordinari.»
 Al momento cosa hai in serbo?
«Continuerò a portare in giro lo spettacolo di Carlo Dilonardo, anche in Puglia. Inoltre ho diversi provini per la tv, in particolare per alcune fiction. Speriamo bene.»
 Sogno nel  cassetto?
«Come ho già accennato mi piacerebbe lavorare di più nella mia regione, sarebbe davvero un sogno che si realizza. Lavorare con giovani registi pugliesi: questo è il mio prossimo obiettivo.»

ROBERTA CRISCIO

Fonte: EXTRA MAGAZINE