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giovedì 20 marzo 2014

AGGUATO STATALE 106, UNA MACCHINA SOSPETTA RIPRESA DA UNA TELECAMERA: E' LA TRACCIA CHE PORTA AI KILLER DI DOMENICO.


TARANTO - Erano incappucciati i killer che hanno seminato morte e terrore alle porte di Palagiano. Lunedì sera quel commando ha assassinato brutalmente Cosimo Orlando, palagianese di 43 anni,
la sua compagna Carla Maria Fornari, di trentuno anni, e il suo figlioletto Domenico, di tre anni.
I sicari avevano il volto coperto quando hanno sparato contro l’auto delle vittime, scatenando una pioggia di fuoco impressionante. Una tempesta di piombo alla quale sono miracolosamente sfuggiti i fratelli del piccolo Domenico, di sei e sette anni, che erano rannicchiati sul sedile posteriore. Probabilmente i sicari erano in due e sulla faccia avevano il passamontagna. È questo uno dei particolari messi a fuoco dalle indagini condotte a tamburo battente sul terrificante triplice omicidio. E non è l’unico. 
Perché in queste ore la macchina investigativa ha raccolto elementi in grado di gettare squarci di luce su un quadro apparso all’inizio nebuloso. Con grande pazienza i carabinieri di Taranto e del Ros stanno visionando le immagini registrate da numerose telecamere. E alcune di quelle sequenze sembrano aver messo gli investigatori sulle tracce di una vettura sospetta. Forse quella utilizzata dagli assassini per pedinare la Chevrolet rossa sulla quale viaggiavano i bersagli di una spietata missione di morte.

Le riprese risalgono a pochi minuti prima della carneficinaUn dettaglio ha consentito agli investigatori di selezionare quel video tra i tantissimi acquisiti lungo i probabili percorsi coperti dagli assassini sia per tallonare l’utilitaria di Carla Fornari, sia per fuggire dopo la selvaggia esecuzione. Aggiungono poco, invece, le sequenze immortalate dagli obiettivi della videosorveglianza di un deposito di carburanti, il cui ingresso è a pochi metri dal luogo dell’eccidio. Il cancello vigilato dalle telecamere è sulla complanare che scorre parallela al tratto della statale 106 dir, teatro della strage. Il filmato consegna alcuni lampi nel buio. Sono le fiammate dei colpi con i quali sono state giustiziate le vittime. Ma anche quel tassello è stato aggiunto ad un puzzle che si sta cercando di ricomporre. Su quegli elementi gli inquirenti, una task force di quaranta persone coordinata dalla procura di Taranto e dalla Dda di Lecce, stanno lavorando con grandissima attenzione, spinti dalla determinazione, quasi feroce, di rispondere immediatamente alla violenza di una mala senza scrupoli.

Ferocia positiva da opporre a quella bestiale di chi non ha esitato a sparare su una macchina con tre bambini a bordo, spezzando anche la vita di un piccolo di meno di tre anni. Le quarantotto ore successive alla strage sembrano aver cementato la pista che indica Cosimo Orlando come il principale obiettivo dei sicari. L’uomo da novembre era in semilibertà. E all’esterno del carcere pare avesse ripreso i suoi movimenti nello scivoloso e pericoloso mondo dei trafficanti di droga. Un business sempre vivo nel versante occidentale della provincia jonica. Già in passato nel triangolo tra Castellaneta, Palagiano e Massafra quel redditizio affare ha scatenato violente rivalità tra clan, sfociate nel sangue. Proprio Orlando era stato condannato all’ergastolo, pena poi ridotta in appello a 25 anni di reclusione, per un regolamento di conti a colpi di pistola che lasciò sul terreno due cadaveri. Sempre per droga.
Ora gli investigatori hanno messo a fuoco informazioni e rapporti che indicano il 43enne come un ambizioso, con il desiderio di farsi largo in una galassia in cui la vita può valere meno di niente. Le sue manovre possono aver indispettivo i signori della droga. Vecchi e nuovi. Al punto di ordinare l’eliminazione di quell’uomo per tagliare corto anche con le sue aspirazioni.
Un movente che sembra spiegare fino ad un certo punto la selvaggia esecuzione. E soprattutto l’omicidio del piccolo Domenico. Così resta probabile che il bambino abbia pagato con la vita il fatto di trovarsi nelle parte anteriore della macchina, vicino alla mamma, proprio sulle ginocchia del bersaglio principale di quell’incursione. Una lettura della mattanza che, al momento, non ha cancellato definitivamente la pista della vendetta contro la donna. Carla aveva testimoniato al processo per l’omicidio del marito Domenico Petruzzelli. Da quel matrimonio erano nati i suoi tre figli. Nel 2011 Petruzzelli cadde in un agguato di mala, sempre per motivi di droga, insieme al suo capo Domenico Attore. Per quella trappola mortale tre persone stanno scontando l’ergastolo.

La pista resta in piedi ed è lontana dall’essere scartata. Nel quadro complesso delle indagini si incastrano anche le numerose perquisizioni messe a segno la notte scorsa. Alcuni pregiudicati sono stati condotti in caserma per essere interrogati. Gli esperti della balistica hanno lavorato a lungo sulla Chevrolet bucata dalle pallottole. Lo studio delle traiettorie dovrebbe rivelare se è stata utilizzata più di una pistola. Gli uomini del Ros, inoltre, stanno monitorando i passaggi sulle celle telefoniche della zona in concomitanza con l’azione del gruppo di fuoco. Anche quella rete di contatti potrebbe consegnare tracce preziose. 


Fonte: www.quotidianodipuglia.it